Basso Jonio Catanzaro

Se fosse vero quanto rilanciato da Le Iene su Italia1, in Calabria e nel Basso Ionio catanzarese, in particolare, si dovrebbe aver paura. Persino solo di fare per pochi minuti un rilassante bagno. Perché in quelle acque sarebbero stati occultati fusti pieni di sostanze radioattive e chimiche. Nascosti lì come in un’immensa pattumiera naturale. Inesplorabile. Salvo colpi di fortuna quali le immagini sottomarine catturate da un pilota. Che volava a bordo di un aereo munito di speciale strumentazione per “vedere” sotto la superficie dell’acqua.

Mezzi tecnici che avrebbero ravvisato una delle tante “navi a perdere” affondate nelle acque calabresi. Al pari di migliaia di bidoni sospetti, gettati al largo, da mercantili e carrette del mare. Prove? Nessuna incontrovertibile, anche perché nessuno (pentiti compresi) ha mai fornito le coordinate esatte di questi relitti. In modo che si possa scandagliare il fondale per individuarle. Ammesso che qualcuno voglia davvero farlo perì. Considerato come si potrebbe scoperchiare un immenso vaso di pandora. Disvelare, cioè, un patto scellerato tra ‘ndrangheta, poteri finanziari, massoneria, politica e servizi deviati. Che forse ha coperto, dal Dopoguerra agli anni Novanta se non oltre, il lento ma inesorabile confezionamento di una bomba ecologica, radioattiva e chimica, “sganciata in mare” per anni. Su cui tuttavia i pareri divergono molto. Poiché se i cittadini dei luoghi interessati parlano di aumento esponenziale nelle loro zone di tumori (soprattutto leucemie e mielomi), le Amministrazioni locali al contrario rifiutano tale tesi. Come ad esempio nel caso di Montauro. Che querela, chiedendo i danni d’immagine (ben 5 milioni di euro) a Le Iene.

E per un servizio analogo, realizzato dallo stesso programma Mediaset 7 anni fa. Salvo però perdere in tutti i gradi di giudizio con la condanna alle spese legali per quasi 8mila €. Ma questa è un’altra storia. Perché a importare è sì la tutela dell’immagine delle tante località rivierasche interessate. Ma, cento volte di più, conta la salute pubblica. Di residenti, villeggianti (in gran parte catanzaresi), visitatori, turisti e loro figli (piccoli e grandi). I quali dovrebbero sapere se rischiano di immergersi per 3-4 mesi all’anno, pure per più ore al giorno, in un’acqua in apparenza stupenda ma che serba suo malgrado veleni mortali.

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