Cosa arriva sulle tavole, in Calabria e in particolare in provincia di Catanzaro, lo decide la ‘ndrangheta? In parte (sebbene indirettamente) potrebbe essere così, anche se di certezze in merito non ce ne sono. Ma il solo dubbio fa paura. E tanta. Soprattutto se uno zelante funzionario pubblico che ha provato a far luce sulla spinosa vicenda, o meglio si è limitato a pretendere chiarezza per fugare ogni dubbio in merito, è stato pesantemente minacciato. Intimidito, cioè, con metodi tipicamente mafiosi. Considerato come si parli di… avvertimenti realizzati con buste contenenti bossoli e teste di animali mozzate recapitati al suo indirizzo. Il funzionario in questione è un veterinario dell’Asp di Catanzaro. Peraltro, forse per mera coincidenza, mai diventato dirigente benché magari lo meritasse. Ma questa è un’altra storia. Che riguarda la sua carriera e va demandata ai preposti organismi dell’azienda sanitaria in cui lavora. Intanto si è già detto del suo ‘torto’: essere troppo zelante. Perché Roberto Macrì, incidentalmente fratello del presidente della Sezione Penale del Tribunale di Vibo Tiziana Macrì, ha il vizio di non stare zitto. Di non volersi voltare dall’altra parte, quando facendolo potrebbe addirittura ricavarne dei vantaggi o almeno non contrariare poteri forti deviati. Se non addirittura criminali.

Ma su cosa si è incentrata l’attenzione di Macrì?

Di che parla il veterinario Macrì? Lo abbiamo accennato in premessa. Di cosa finisce sulle tavole dei consumatori. Su cui Macrì ha iniziato a nutrire dei dubbi un bel po’ di tempo fa. In particolare in merito allo smaltimento dei capi di bestiame malati negli stabilimenti di macellazione. Il riferimento è a quei circa 4/500 animali processati all’anno, affetti da brucellosi e tubercolosi. Che vanno abbattuti, come ovvio. E completamente eliminati per non diffondere le malattie da cui sono affetti, ad altro bestiame e all’uomo stesso. Talvolta imponendo, quindi, anche la bonifica dello stabilimento stesso. Ma l’aspetto principale sta nella certificazione di tali delicate operazioni. Che necessitano di strutture attrezzate con un depuratore perfettamente funzionante e un impianto per la termodistruzione dei capi di abbattuti. C’è poi la delicata fase dello smaltimento di frattaglie, zampe, carcasse, sangue o altro materiale di scarto. Operazione che se eseguita a regola d’arte ha come ovvio un costo ingente.

L’eventualità che qualcuno sia tentato di ‘sfoltire’i costi dello smaltimento

Nei macelli in provincia di Catanzaro (a Lamezia, Marcellinara, San Vito sullo Ionio, Caraffa e Simeri) vengono come detto abbattuti centinaia di capi. Ma esiste il rischio che parti di questi animali malati siano ugualmente vendute, arrivando poi nelle cucine dei consumatori? Ad avviso di Macrì sì. Questo pericolo esiste. Ed è il motivo per cui, secondo lui, bisogna fare la massima chiarezza sul punto. Innanzitutto evitando in ogni maniera possibili commistioni, se non addirittura identità di figure, tra controllati e controllori. E mettendo in atto ogni possibile azione per scongiurare possibili collusioni tra responsabili dei macelli, veterinari certificatori degli smaltimenti degli animali e ditte specializzate incaricate di compiere proprio tale delicata operazione. Nessuna accusa specifica, per carità. Ma a quanto se ne sa molte diversità di vedute sul modus operandi adottato in passato tra Macrì, i suoi colleghi e i superiori.

Macrì ostracizzato e isolato

Se un veterinario, funzionario pubblico, fratello di un alto magistrato, è finito nel ‘tritacarne’ prima e nel ‘dimenticatoio’ poi malgrado reiterate minacce di morte subite, si pensi a un povero Cristo che lotta contro i poteri forti. Che cerca cioè di opporsi coraggiosamente a quelle conventicole deviate, non solo e non unicamente di matrice mafiosa, le quali avviluppano e soffocano la nostra meravigliosa Calabria.

Tanto da fare terra bruciata attorno a Macrì stesso. A cui sì, hanno dedicato qualche articolo sulla stampa locale; sì, hanno espresso solidarietà le associazioni di categoria; sì, hanno presentato un’interrogazione parlamentare ad hoc e sì il consigliere regionale Ferdinando Laghi (collega di Macrì e componente della commissione antindrangheta) si è meritoriamente occupato della vicenda. Ma senza che niente e nessuno ne abbiano spezzato l’oggettivo isolamento. Mentre lui continua a rischiare grosso. Perché se sembra folle che la multimilionaria ‘ndrangheta, con utili da grande corporation internazionale o Pil di piccolo Stato se preferite, si interessi al mercato delle carni è chiaro come si sappia poco di ‘ndrangheta.

Chi pensa infatti che la temibile mafia calabrese abbia ben altro di cui occuparsi, evidentemente, non sa o non si ricorda del tragico fenomeno delle cosiddette vacche sacre. Ovvero di mucche che sulle alture di Sila e Aspromonte hanno addirittura provocato morti. Nel senso che hanno portato alla brutale eliminazione fisica di quanti hanno provato a opporsi al loro pascolare indisturbato e senza regole, protetto proprio dalla mafia.

Un’incredibile notizia sulla caccia e la diffusione della carne a uso alimentare dei cinghiali

Di cinghiali si parla ormai da anni. Sono un’autentica… piaga. Che imperversa ovunque.  Ne abbiamo scritto l’ultima volta appena 8 giorni orsono. Clicca qui per leggere il pezzo pubblicato: https://irriverentemente.com/montauro-cz-residenti-di-via-giardino-nuovo-al-mare-assediati-dai-cinghiali-hanno-segnalato-il-problema-a-irriverentemente/). Ma il problema del loro libero, e ormai abituale, grufolare anche in città, da Roma a Montauro, nasconde un fatto per certi versi ancor più incredibile. Ovvero che quando questi animali vengono braccati dai cacciatori, una volta uccisi e sezionati possono essere venduti e consumati sulla base di una sorta di autocertificazione. Da parte di chi? Del “cacciatore formato” (e non è una battuta). Perché si tratta di un soggetto dedito alla caccia in possesso di un…  patentino in virtù di cui può sostituirsi al veterinario, stabilendo che per lui l’ungulato ucciso non è malato. E quindi può essere destinato, una volta sezionato, al consumo alimentare. E il veterinario? Sulla base di questa normativa non serve. È inutile! Perché, come appena spiegato, c’è già un…. degno sostituto: il cacciatore formato, appunto!

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