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Riceviamo e pubblichiamo

Cinque punti, cinque opportunità per la riscrittura del Codice nazionale di Protezione Civile. Uncem agli Stati generali della Protezione Civile a Roma rilancia cinque necessità:

1. Il modello dell’organizzazione istituzionale della Protezione Civile sui territori deve essere rivisto nella riscrittura del Codice nazionale. La Protezione Civile va costruita insieme tra Enti locali. I Comuni devono gestire insieme la funzione. È indispensabile e decisivo per efficientare, migliorare, rendere più chiaro. A tutti. In primis ai cittadini. E anche al Volontariato organizzato di un territorio, così imprescindibile e forza vera delle ‘comunità-insieme’. Oggi sono 247 le Unioni di Comuni italiane che gestiscono insieme la funzione fondamentale della Protezione Civile. Ma in altre 200 Unioni esistenti, la funzione è ancora separata nei singoli Comuni. Così vale per Comunità montane: solo 17 su 70 esistenti in Italia gestiscono la funzione associata della Protezione Civile. In totale, tra Unioni e Comunità montane, stiamo comunque parlando, secondo i dati di OpenItaliae (progetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Affatri regionali , di 1812 Comuni, per complessivi 7 milioni e mezzo di abitanti, che mettono insieme la funzione comunale.

2. Insieme tra Comuni, in Unioni, Unioni montane, Comunità montane vanno fatti i piani di Protezione civile, conosciuti da tutti i cittadini, tolti da armadi e cassetti, georeferenziati, raccontati nelle scuole. Tutti devono conoscere il piano. Snello e chiaro. Poche efficaci pagine che nei centri operativi è il viatico, vettore di ogni scelta. I Piani di Protezione civile devono essere sovracomunali. Nelle zone montane, nelle valli, le Regioni individuino ambiti territoriali ottimali. Nei quali si monta un sistema istituzionale solido e chiaro, come lo erano fino al 2010 le 350 Comunità montane. Oggi tutto è tutto troppo fluido e il sistema soffre.

3. Dobbiamo lavorare sulle responsabilità. Occorre capire se ha senso che le responsabilità restino ancora in capo a un singolo Sindaco, solo e senza risorse umane ed economiche adeguate per la gestione della funzione. Enorme il tema delle responsabilità. Perché quando succede un’emergenza o vi è un problema, non può essere il Sindaco a essere indagato e condannato per tutto. Proteggiamo i Sindaci. “Non possiamo fare dei sindaci carne da macello”, ha detto a Roma agli Stati generali il Ministro Musumeci. Ha ragione. Ma allora si stabilisca una catena di responsabilità – tra tecnici, politici, Prefetti, Dirigenti, Sindaci – che non lasci il cerino in mano ai Primi Cittadini, sempre e comunque. Usiamo bene ITAlert, anche con l’intelligenza artificiale che possa agevolqre i processi di informazione e allertamento. La comunicazione è fondamentale. Tutela gli Amministratori locali. Il Dipartimento nazionale metta fine alla corsa dei territori, degli Enti locali, verso sistemi di allerta messi in campo da soggetti privati. Il sistema nazionale di allertamento ITAlert deve essere potenziato.

4. Si intervenga sulla formazione fatta finora da soggetti non sempre qualificati che si fanno ben pagare. Fa bene il CapoDipartimento a lanciare un sistema formativo unico, per tutti i soggetti coinvolti nel sistema di Protezione civile. Una formazione certificata e chiara. Formatori che lavorino a fianco dei Sindaci.

5. Vengano sbloccati 6 miliardi di euro fermi per fare prevenzione. Nella fragilità dei territori, senza un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici finanziato, senza un tessuto economico vivo, con faglie crescenti di abbandono e spopolamento, bosco di invasione in aumento, disuguaglianze marcate tra zone montane e urbane, perdiamo tutti. Lavorare insieme tra Comuni, costruire coesione, è il primo antidoto alla fragilità e alle emergenze.

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