Ci scusiamo di nuovo con i lettori ma torniamo, come annunciato ieri, sulla “barzelletta” della nostra presunta attuale collaborazione con il sito Iacchitè (leggi qui: https://irriverentemente.com/?p=22638). Fake news che nasce con una genesi e fini ben precisi: screditarci, dicendo che siamo mezzi matti a caccia di clamore e desiderosi di far del… male al prossimo (male fatto però raccontando la pura verità su centinaia di lordoni catanzaresi acclarati, strano non trovate?), e al contempo attirarci l’odio di quanti scopriamo, esecrandoli, con le mani nella… marmellata!
Chiarezza sull’inizio del nostro rapporto con Iacchitè
Abbiamo conosciuto Gabriele Carchidì, collega giornalista editore e direttore di Iacchitè, a inizio novembre 2020. Quasi come ladri, eravamo infatti in piena seconda fase lockdown dovuta alla nuova terribile ondata di Covid-19, ci incontriamo con altre 6-7 persone. Portati nella sua redazione a Cosenza da Carlo Tansi, allora candidato a governatore della Calabria a cui noi cercavamo di dare una mano. Una chiacchiera, un po’ di ironia di Gabriele stesso sul nostro essere di (centro)destra ma presenti a quella che sembrava una riunione del vecchio Pci con un aspirante leader politico (Carlo, indipendente e autonomo, ma dichiaratamente di sinistra), e una squisita baby-pizza finale. Tra gli altri, c’è pure insieme a noi Michele Santagata, strettissimo collaboratore di Carchidi al giornale. E qualche ragazzo, che pare voler imparare il mestiere.
La “collaborazione”
Carchidi capisce subito che non abbiamo padrini né padroni e ci propone: “Ma perché non scrivi qualcosa per noi, tu che conosci bene la realtà catanzarese?”. Non ce lo facciamo ripetere due volte e il giorno dopo mandiamo un pezzo di critica all’allora sindaco del capoluogo Sergio Abramo a nostra firma (come sempre nella nostra carriera). E ne manderemo parecchi altri. Ma solo fino al 30 dicembre successivo. Oggetto dell’ultimo pezzo, pubblicato poi in data 2 gennaio 2021, “le progressioni verticali dei dipendenti della Regione Calabria”. Ma perché questa brusca interruzione? Semplice: Carchidi a Catanzaro ha due referenti principali. Politici di livello locale, se non… localissimo (uno nel frattempo morto, pace all’anima sua e l’altro, grazie a Dio, vivo e vegeto e da noi peraltro visto poco fa). Che, come prima cosa dicono a Gabriele (e abbiamo tutto salvato, perché Carchidi con noi ha sempre e solo comunicato tramite Messenger a suo dire per scongiurare il pericolo di intercettazioni) di “Colacino non ci si può fidare”. Giudizio che per noi, considerato da chi proviene, è una medaglia al valore”. Ma dicevamo del nostro stop alla collaborazione portata avanti senza mezza lira di guadagno, sia chiaro, perché ci rendiamo conto che un “manina” (vi diremo meglio a breve) fa in modo di strumentalizzare i nostri pezzi.
I due politici catanzaresi e cosa c’entrano con noi e con Iacchitè
Come premesso: firmare su Iacchitè dove sovente escono pezzi di intellettuali quali Gioacchino Criaco e Santo Gioffrè (solo per citarne alcuni) persino per noi, che abbiamo scritto sporadicamente su Il Sole 24Ore e la Gazzetta dello Sport oltreché per 12 anni (anche da assunti e praticanti redattori) su Gazzetta del Sud, è un piacere. E non certo un fatto disdicevole. Ma accade che i due “politici” di cui sopra (fornitori di molte carte scottanti al giornale) brigano per far uscire per giorni e giorni, dopo un nostro pezzo regolarmente siglato, articoli “anonimi” contro i personaggi loro nemici (e ne avevano una marea) di cui io noi ci eravamo occupati. Un metodo furbo per adombrare l’ipotesi che noi mettessimo la faccia su pezzi di un certo tenore, salvo poi “minara a petra e ammucciare a manu”, rifugiandoci dietro a Iacchitè, quando si trattava di offendere, denigrare e forse addirittura diffamare, comunque lazzaroni e non certo santarellini. Tecnica che però a noi non appartiene, perché sordida e soprattutto vile e vigliacca!
Uno dei due politici in particolare e soprattutti il suo amico capo-cosca (pardon capo-loggia) contro cui noi lottiamo da anni
Artefici di questa mistificazione, ovvero di massacrare i loro nemici facendo credere che a farlo fossimo noi sotto anonimato, erano uno dei due politici a cui si è fatto riferimento e un capo-cosca o capo-loggia che peraltro iniziava a detestarci sempre per loro stesso motivo: pur in cambio di incarichi e prebende noi, da lui irretiti, ci siamo rifiutati di fungere da foglia di fico (più un albero di fichi, in realtà, considerate le nostre dimensioni fisiche) per un uomo manifestamente vicino, anzi intraneo agli ambienti della criminalità organizzata calabrese, e legatissimo a un superboss del crotonese con cui poi sarebbe diventato “socio in affari” grazie a uno stretto congiunto con il ruolo di terminale di quella che abbiamo ribattezzato la “filiera corta” del riciclaggio. Una grande lavanderia quasi a… Km zero. Un uomo non particolarmente intelligente, e meno che mai colto, ma con un’esperienza di… strada e un fiuto per gli affari borderline da Nobel. Insomma, la figura perfetta per fare da cerniera tra il mondo di sotto e quello di sopra.
La provocazione: davanti a certe “persone perbene” e “bravi padri di famiglia”, la ‘ndrangheta rischia di essere la parte sana della società. Ecco perché
Un passo indietro: da inizio gennaio 2021, i nostri rapporti con Catchidi sono rimasti molto sporadici ma tutto sommato cordiali al netto di qualche acceso scambio di battute. Resta il fatto, però, che non lo abbiamo più incontrato da novembre 2020; non ci abbiamo (mai) parlato, se non comunicando attraverso “posta” Facebook (Msn) e quando ha condiviso qualche nostro articolo (contro l’Mgff a Catanzaro e il suo patron, ad esempio) ci ha quasi sempre avvisato. Di nostro pugno, tuttavia, mezza riga non è stata più scritta su Iacchitè da quasi 6 anni ormai. Solo che al capo-loggia su tutti serviva, come premesso, far credere il contrario. Perché lui ha messo su un’organizzazione, fabbrica di soldi e potere, non certo composta da fuorilegge. Anzi, sulla carta formata da “persone perbene” e “bravi padri di famiglia”. Vero, giusto. Ma pure che non si fanno scrupolo alcuno a banchettare (almeno una quota rilevante di loro) con il superboss invitato in veste di ospite d’onore alla feste di famiglia del loro capo. Si tratta dunque di gente che non farà male a una mosca, ma che come nella scena del battesimo del film Brutti, Sporchi e Cattivi, mangia allegramente e voracemente come nulla fosse con un… simil Totò Riina a pochi passi. Un “re della stessa festa” a cui prendono parte. Fatto per noi agghiacciante, perché sdogana e legittima mafia e supermafiosi.
Ma vi è di più, molto di più…
Il capo-loggia è, come detto, un uomo poco strutturato, ma assai scaltro. Un mafiofilo prima di diventare un mafioso. Uno cioè cresciuto nella convinzione, purtroppo inculcatagli dalla famiglia d’origine, che la mafia è un potere da ossequiare e quindi non solo da non emarginate quanto, al contrario, con cui confrontarsi e fare affari. A caccia di voti, soldi, posti di lavoro ecc. Sarà per questo che lui riesce a raccomandare e aiutare soprattutto gli… adepti che gli servono di più, piazzandoli poi quali insospettabili prestanomi, in politica, nel mondo delle professioni e dell’imprenditoria e persino nel sociale.
Ma riesce anche a mettere bocca per far magari acquistare un immobile di pregio a prezzo molto scontato. Fermo restando che la “ciccia” per lui è nel riciclaggio (leggi qui: https://irriverentemente.com/?p=17374 e qui: https://irriverentemente.com/?p=17443), mostrando al boss solide coperture appunto consistenti in associazioni piene di rispettabili incensurati incapaci di distinguere il bene dal male; il valore dal disvalore e il ribrezzo di certe compagnie alle feste dal piacere della convivialità e del buon cibo.
Ma non è un caso se il “trolley” del capo-loggia (suo ossequioso alter ego), la scorsa estate, si sia fatto orgogliosamente fotografare con un soggetto alle prese con gravi problemi per possesso di ingente quantitativo di stupefacenti. La plastica dimostrazione del suo (o meglio, del loro) credo di vita: “Se uno non ha pesanti ombre, che uomo è? Non ci piace, non è affidabile nel rapportarsi con noi e certi ambienti”. Insomma un “mondo al contrario” per dirla con Roberto Vannacci.
Sì speriamo, anzi siamo sicuri dell’arresto del capo-loggia in questione e di chi lo fiancheggia dentro e fuori la famiglia, ecco perché
Speriamo ardentemente che arrestino il prima possibile il capo-loggia in questione e chi lo fiancheggia, dentro e fuori dalla sua famiglia, non perché siamo mezzi matti o cattivi. Bensì, banalmente, innanzitutto per tornare a lavorare in modo libero (guadagnandoci, come sarebbe legittimo e giusto che fosse), senza i loro bastoni tra le ruote e non assistendo alla distribuzione dei posti a tempo indeterminato ai loro servi. In verità, però, siamo sicuri che questo avverrà. Magari tra sei anni (non a caso sei anni e ci fermiamo qui sul punto) o dieci o venti, ma per queste persone, pur con tutte le protezioni e i Santi in Paradiso del mondo, il 41bis sarà inevitabile. Perché sono troppo incistate con la mafia, gestendo aziende come assegni… cabriolet, che aprono e chiudono o sono “coperti”, a seconda di come vanno le cose. Ovvero se il rischio è alto, come appunto ai tempi della nostra conoscenza di Carchidi quando vivevano nel terrore per le possibili conseguenze su di loro del lavoro del procuratore Nicola Gratteri e cercavano di finanziare sottobanco noi e lo stesso Iacchitè per avere una sponda e ricevere patenti di… onorabilità da gente pulita. Meglio ancora se giornalisti conosciuti come noi due. Senza andare oltre, e scusandoci per la lunghezza del pezzo, pensiamo forse di essere stati esaustivi sul tema “nostra sinergia” attuale con Iacchitè. E dispiaciuti, ma solo un po’, per un… lutto patito dai capi dell’organizzazione di cui abbiamo parlato nella notte tra lunedì e martedì.