Come annunciato nei giorni scorsi, il nostro approfondimento sulla “loggia sospetta” di  Catanzaro (leggi qui: irriverentemente.com/?p=17374 ) continua. A tutela della massoneria “pulita” stessa, di cui noi (seppur per un breve periodo) abbiamo fatto parte senza rinnegarlo o peggio ancora nasconderlo. Una massoneria che non è tutta da… buttare. Mentre da buttare, sempre per così dire, sono quelle logge simili a comitati d’affari se non addirittura a piccole ‘ndrine. Tanto da far vergognare i massoni onesti, che ci chiamano o scrivono contenti che contribuiamo (sebbene in minima parte) a far… pulizia. Malgrado, lo diciamo al solito senza peli sulla lingua, dovrebbero intervenire loro in prima persona con certi strumenti a disposizione. Che per alcuni “iscritti” non sono pochi. Ma tant’è: prendiamo per buono il loro imbarazzo e fastidio per chi li insozza.

Una realtà gestita in modo… spudorato e spregiudicato

Sembra ci siano “realtà” in città gestite, “militarmente” e in modo spregiudicato, da un unico soggetto. Circondato da un ristretto gruppo di fedelissimi e da molte altre “brave persone” che gli servono, anche solo per crearsi intorno un alone di rispettabilità e insospettabilità. “Fratelli” a cui dare tutto, chiedendo determinate cose in cambio. Una pletora di sacrificabili questuanti, insomma. Ci riferiamo a quelli tra i più bisognosi, economicamente e non solo, ai quali il… capo (che non è certo il venerabile per… finta, usato anche lui come paravento) esaudisce desideri fin quando gli fa comodo sfruttarli. Salvo trovare scuse allorché non intende aiutarli più, perché semplicemente non gli conviene. E questo accade a dispetto di quanto si dice nell’ambiente, essendoci evidentemente “chicchi del melograno” (così si definiscono i… fratelli) più uguali degli altri. Come del resto in ogni ambito umano, a seconda se fai (o non fai) parte del cerchio magico del potente (o padrone) di turno. Ma il problema principale è che se dove c’è Barilla c’è casa, pare che dove ci sia il “signore di cui sopra” ci sia la mafia. Sembra insomma porti la ‘ndrangheta infilata anche nel lato B delle mutande. Perché, al di là di denaro e potere da arraffare in cima ai suoi pensieri, dalla mafia è pure magneticamente attratto, venerandone codici e regole.

Ma chi sono i chicchi del melograno di questo spudorato “capo-loggia”?

Vediamo però quali sono i profili (o chicchi del melograno) di questo spudorato “capo-loggia”. Si tratta di… adepti, che spesso più di essere stati reclutati sono stati letteralmente adescati. Costretti, cioè, a “entrare dentro” per la dipendenza (come premesso economica o di altra natura) che hanno nei confronti del loro vero… capo-loggia. Gente come ad esempio il ricercatore universitario, in passato beneficiato da un “premio” pur non ritirato di persona (chissà perché); il giovane professionista desideroso di far carriera; l’imprenditore in crisi, aiutato a evitare il… tonfo; l’impresario fallito, rimesso in qualche modo in sesto con un po’ di quattrini… freschi; l’impiegato con la moglie a spasso da sistemare; il papà con il figlio da raccomandare e persino il disoccupato in cerca di lavoro. Senza contare il giornalista (formalmente non iscritto, ma stipendiato. E quindi sodale e prestanome, che però quando ad esempio osò “incautamente” scrivere del “fratello” arrestato passò i guai suoi).

Ma perché “aiutare” tutta questa gente?

Ma perché aiutare, si fa per dire, tutta questa gente? Ribadiamo: sono figure utilissime al capo-faccendiere. Che sviano i sospetti, facendo sembrare un circoletto di amici come tanti l’associazione (o loggia) in questione, peraltro attiva anche in vari contesti sociali cittadini con i vari prestanomi all’uopo utilizzati. E poi pagano quote; fanno numero e, all’occorrenza, votano per chi interessa a chi li comanda. Certo non con una forza tale da determinare chissà cosa, ma intanto… . Costituiscono quindi quelle “varie umanità”, a completa disposizione del capo, che pur non essendo un genio è stato così scaltro da dar vita a un meccanismo perfetto. E per giunta rimanendo nascosto alla luce del sole al pari di certi sgradevolissimi insetti, che poi escono di notte a tramare nell’ombra. Lontani cioè da sguardi indiscreti.

Un capo non intelligentissimo, ma molto scaltro

Si parla qui di un uomo non intelligentissimo, ma molto scaltro. Avulso da smanie di protagonismo, di solito nemiche di determinati affari. A differenza, ad esempio, di qualche personaggio egotico, a lui vicinissimo, che gli tocca gestire con pazienza e fatica per evitare disastri. Il “capo” invece è addirittura assai spesso incline alla pantomima di volersi fare da parte. Di saper cedere lo… scettro del comando, quando le circostanze lo richiedono, intanto però guadagnando un mucchio di soldi alle spalle dei gonzi. Ma almeno, di facciata, dando spazio ai propri vassalli e sudditi. Un iconico rappresentante del sottobosco cittadino, dunque. Capace di mediare tra il mondo di sotto (quello criminale) e il mondo di sopra (popolato dalla cosiddetta gente perbene), tenendoli insieme da Maestro, anzi da Gran Maestro. Un modo per favorire la logica affaristico-delinquenziale della componente mafiosa della sua associazione, forte e pervasiva, ma altrettanto da lui ben mimetizzata. Scudata dalla massoneria e non solo. In maniera tale da avere l’opportunità di condurre in porto, quasi senza colpo ferire, mega-operazioni di riciclaggio, come premesso lucrandoci su (indisturbatamente) una montagna di quattrini.

La loggia-azienda

Si tratta dunque di una loggia che è anche una specie di azienda che attraverso una fitta rete di fiduciari e prestanomi, come spiegato, riempie le casse di un soggetto in particolare. E fa mangiare pane e companatico a pochi, mentre briciole ad altri. E che non ha, come la vera massoneria sancisce, lo scopo unico della crescita intellettuale, unito talvolta alla solidarietà. Una beneficenza a cui, invece, in questa loggia (che di… intellettuale e solidale ha poco o niente con certi personaggi al vertice) si ricorre talora unicamente per farsi pubblicità sui giornali. Quanto cresce, infatti, è il volume degli affari, legali e soprattutto illegali. Da cui deriva anche un considerevole potere. Quello dei favori e dei rapporti, che mettono in stretta comunicazione non solo il superboss con l’incensurato. Bensì pure l’anonimo borghesuccio capo-loggia con il giornalista traffichino, l’insigne primario, lo stimato ingegnere, l’illustre professore universitario, l’introdotto avvocato, il grande politico truffaldino e così via.

Certe fondamentali relazioni

Alla luce di quanto raccontato, certi fondamentali rapporti costituiscono quel “mondo di relazioni” di cui la “loggia sospetta, e in particolare chi la dirige, si nutre avidamente. E si continua ad alimentare grazie al determinante supporto di soggetti consapevoli di ciò che gli accade intorno, o, se ignari, del tutto stupidi. Quelle varie umanità, insomma, libere di fare ciò che gli pare. Ma da noi esecrate per… colpa grave. Ovvero sapere benissimo di trovarsi in un ambiente, gestito in modo delinquenziale (a proprio uso e consumo) da un signore che è un collettore di mafia. Che agisce cioè per i suoi sporchi traffici, e quelli di famiglia, schermato da una parvenza di normalità in una piccola holding di malaffare. Piena di gente che appunto ci marcia (e ci mangia) senza pudore. Una mafia senza mafiosi, dunque. O, meglio, senza “punciuti”, semmai solo “iniziati”. Il segno dei tempi marci che purtroppo viviamo. A Catanzaro e altrove, sia ben chiaro! Ma nel capoluogo un po’ di più per la natura stessa dei suoi abitanti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *