Riceviamo e pubblichiamo
Non è mai semplice coniugare i valori della cultura mediterranea con gli stilemi dell’arte di massa del ‘900. Questa l’impresa riuscita a Fabio Grassadonia e Antonio Piazza nel film “Iddu” che vince il premio collaterale 1964 Pop Art Award, organizzato dalla Cineteca della Calabria e ideato da Piero Mascitti. Un’opera originale che conferma la validità del duo siciliano nel saper dare letture e interpretazioni alternative del fenomeno mafioso. Qui il boss, Iddu, interpretato da Elio Germano, che rimanda alla figura di Matteo Messina Denaro, diventa una icona pop con il suo giubbotto di pelle rovesciata, chiuso in una teca del museo archeologico, emblema di una società dell’informazione che trasforma in semidei i personaggi assolutamente negativi come i capimafia.
Presentato in concorso a questa edizione della Mostra del cinema, il film accolto con grande curiosità dal numerosissimo pubblico presente, ha diviso la critica italiana, come tutti i film di spessore che indagano i misteri insoluti della società italiana, quale quello della latitanza del boss e della sua presunta contiguità con i servizi segreti, riuscendo sicuramente nell’obiettivo di far parlare molto, non solo sul valore estetico dell’opera, ma sulle scelte narrative, attoriali e stilistiche degli autori. Questo infatti è un film molto parlato, a differenza dei lavori precedenti, con i toni agrodolci della commedia surreale, in cui Toni Servillo, premiato come migliore attore, gigioneggia come da par suo e Elio Germano presta il volto e la fisicità imprigionando un re del crimine cresciuto nel segno della sopraffazione e della violenza, capace di ogni brutalità. Eppure lo spettatore empatizza per questo latitante di lusso, parteggiando per lui piuttosto che per le sgangherate forze dell’ordine che assoldano un clownesco suo comparuccio, ex preside maneggione caduto in disgrazia, che per tentare di riprendere le sue improbabili speculazioni edilizie diventa collaboratore di giustizia e traditore.
“Difficile pensare ad un film che rappresenti lo spirito del premio più di questo – afferma Eugenio Attanasio, presidente della Cineteca della Calabria presente al Lido con Mariarosaria Donato e Davide Cosco, che assieme a Piero Mascitti hanno imbastito questa prima edizione, assente giustificato il portavoce Luigi Stanizzi per un evento concomitante – per l’utilizzo di un’ immagine della cultura “popolare” che dalla televisione approda al Cinema, dall’ironia graffiante. La mummia del boss esposta al pubblico rimanda alle serigrafie di Warhol dei grandi del 900, da Mao Tse Tung a Marylin, trasformandola in una delle opere di massa del XXI secolo. Ma in quest’opera multiforme che è Iddu, merita apprezzamento il fatto che la sicilianità che trasuda, lungi dal diventare folklore, diventa elemento culturale identitario e rappresentativo della complessa cultura meridionale, rimetabolizzata dagli autori con elementi innovativi e grotteschi che la rendono ora cinica, ora persino divertente e comunque mai banale. Il progetto culturale e artistico di questa prima edizione di Pop Art Award ha convinto il direttore, Alberto Barbera, e tutto il comitato di selezione che lo hanno fatto inserire negli eventi collaterali riconosciuto ufficialmente dalla Mostra, addirittura al primo posto dell’elenco pubblicato. Il premio in foto è stato realizzato dall’artista catanzarese Nuccio Loreti.