Il (di)nuovo Presidente Usa Donald TrumpIl (di)nuovo Presidente Usa Donald Trump

Articolo tratto da Sky Tg24

Fin dalla prima presidenza Trump, Washington ha cercato di rallentare lo sviluppo e l’accesso della Cina alle tecnologie avanzate, microchip in primis. Un approccio proseguito anche sotto l’attuale e ormai uscente presidenza Biden. Cosa succede ora.

La nuova amministrazione Trump non si è ancora insediata, eppure nei rapporti commerciali il cambiamento nell’aria. È il caso di Pechino, che ha avviato un’indagine su Nvidia, il colosso tecnologico americano che sta guidando gran parte dello sviluppo in ambiti cruciali come l’intelligenza artificiale.

Alla base dell’inchiesta, ci sarebbero sospetti su potenziali violazioni delle leggi antimonopolio relative a un accordo del 2020. Per la Cina si tratta di mostrare i muscoli contro le minacce del Presidente eletto di ampliare e inasprire le tariffe sulle merci provenienti dall’altra sponda del pacifico. Sarebbe però un errore guardare a queste azioni solo come a misure preventive in vista da scenari futuri. Quelle in corso sono, prima di tutto, risposte a pressioni già esistenti.

Fin dalla prima presidenza Trump, Washington ha cercato di rallentare lo sviluppo e l’accesso della Cina alle tecnologie avanzate, microchip in primis. Un approccio proseguito anche sotto l’attuale e ormai uscente presidenza Biden. Lo ha fatto, per esempio, vietando a Nvidia di vendere i suoi semiconduttori più avanzati alle aziende cinesi e spingendo gli alleati a fare lo stesso, come nel caso delle pressioni sul governo olandese per impedire ad ASML Holding NV – che ha il monopolio sulle macchine per la produzione dei chip più avanzati – non solo di vendere i suoi dispositivi di punta alla Cina, ma anche di ripararli.

L’azione contro Nvidia, perciò rappresenta solo l’ultima risposta di Pechino alle crescenti restrizioni tecnologiche statunitensi. Quest’anno, il valore di mercato di Nvidia è cresciuto vertiginosamente, trainato dalla domanda di chip in grado di alimentare programmi di intelligenza artificiale, rendendola una delle aziende più preziose e, quindi, centrali nella guerra commerciale tra le due potenze.

L’indagine contro Nvidia si aggiunge poi al divieto introdotto una settimana fa dal governo cinese riguardo alle esportazioni di diversi materiali con applicazioni tecnologiche e militari verso gli USA. Dal gallio al germanio, alla grafite nel prossimo futuro sono diversi i materiali di cui il Ministero del Commercio cinese ha ritirato l’autorizzazione alla spedizione negli Stati Uniti. Anche in questo caso la mossa è arrivata dopo che la Casa Bianca aveva imposto nuove restrizioni alla vendita alla Cina di chip prodotti da aziende statunitensi e straniere.

Lo sprint cinese sull’export prima dell’arrivo di Trump

Nonostante la volontà di proiettare il modello economico cinese verso un futuro in cui la crescita sia alimentata principalmente dai consumi interni e dallo sviluppo tecnologico, ad oggi, in piena transizione, Pechino si ritrova ancora fortemente legata all’export. Quest’ultimo continua a essere il vero traino della crescita, a maggior ragione in questo periodo in cui la macchina economica cinese sembra ingolfata. Per questo, in vista del ritorno di Trump alla Casa Bianca, e di una nuova ‘diplomazia delle tariffe’, le aziende cinesi hanno accelerato. Il 2024 segnerà con grande probabilità un nuovo record: secondo Bloomberg la Cina è sulla buona strada per raggiungere un surplus commerciale che potrebbe toccare quasi 1 trilione di dollari.

Ciò è il risultato sia della spinta del’export, ma anche del calo delle importazioni – sintomo della debole domanda interna – che hanno ampliato il surplus commerciale complessivo della Cina fino a quasi 785 miliardi di dollari nei primi 10 mesi dell’anno, superando qualsiasi precedente. Le esportazioni hanno raggiunto 312 miliardi di dollari a novembre, con il valore delle spedizioni verso gli Stati Uniti ai massimi livelli da settembre 2022.

Nonostante spesso l’attenzione sia rivolta al settore dei veicoli elettrici, delle batterie e dei laptop, gran parte dello sprint di Pechino è da ricercare nella performance del cosiddetto “cheap export” su cui la Cina ha costruito la sua scalata economica e che rimane ancora una componente fondamentale del suo portafoglio di esportazioni.

Oggi, questi beni a basso valore aggiunto vengono spediti direttamente dalle principali piattaforme cinesi come AliExpress, Temu e Shein e rappresentano la seconda voce di esportazione più grande della Cina, superati solo dai telefoni cellulari. In questo settore il valore l’export si avvicina rapidamente alla soglia dei 100 miliardi di dollari, di cui circa metà proviene dai mercati degli Stati Uniti e dell’Europa.

Durante il suo primo mandato Donald Trump aveva effettivamente ridotto il deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina, che aveva poi ripreso a crescere drasticamente durante gli anni della pandemia, arrivando a toccare il suo massimo tra il 2022 e il 2023. Sebbene adesso sia di nuovo leggermente diminuito, è lecito aspettarsi che la nuova amministrazione vorrà ritornare sui suoi passi e anzi, puntare a un ridimensionamento del deficit commerciale ancora più drastico e veloce.

La Cina non starà a guardare, come ha già dimostrato. Pechino potrebbe decidere di svalutare lo yuan, in modo da controbilanciare l’eventuale effetto delle tariffe. In ogni caso, lo scontro sempre più accesso tra i due giganti, prospetta l’arrivo di tempi sempre più turbolenti per il commercio internazionale.

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