di Marco Colognese (portergourmet.com)

A Villa Paola, il De Minimi è condotto dal bravo Emanuele Pucci, cuoco calabrese classe 1995 che sotto il profilo gastronomico ci ha dato l’impressione di essere una vera stella nascente. Ecco come sta contribuendo, insieme a un gruppo ormai nutrito di colleghi, ad alzare il livello culinario della regione.

L’hotel


È una regione controversa, la Calabria, magnifica nei suoi paesaggi; dalle coste, con quel mare cristallino, ai selvaggi, affascinanti territori montani, è ricca di una biodiversità unica al mondo. Allo stesso modo, il suo enorme potenziale turistico è rallentato dagli stessi, noti problemi che affliggono l’accoglienza in tutta la Penisola, moltiplicati da una situazione strutturale più complessa. Questo non toglie siano molte le felici eccezioni che stanno emergendo sul territorio: tra queste Villa Paola, un hotel gioiello a cinque stelle, l’unico nella splendida Tropea.

Vale la pena venirci anche solo per gustare un aperitivo al tramonto, dato che la villa per questo è aperta anche agli esterni; a quel punto però, non si può non fermarsi a cena al ristorante De’ Minimi.

Il ristorante

Una sala molto elegante nella sua sobrietà, il servizio attento e cordiale, questo fine dining è condotto dal bravo Emanuele Pucci, cuoco calabrese classe 1995 che sotto il profilo gastronomico ci ha dato l’impressione di essere una vera stella nascente e di voler contribuire, insieme a un gruppo ormai nutrito di colleghi, ad alzare il livello culinario della regione con una fitta rete di piccoli fornitori locali.

Emanuele si diploma all’istituto alberghiero di Cosenza. “Poi mi sono mosso tra le cucine del territorio. Ho varie esperienze, anche stellate, tra cui con Luigi Lepore. Nel 2019 sono andato al Capo Vaticano Resort che fa capo alla stessa proprietà di Villa Paola.” Da lì passa in Toscana, nel resort di Castelfalfi: “Anche quella, come la Calabria, è una regione ricca di tradizioni e materie prime importanti, con un entroterra da scoprire”.

Se l’esperienza toscana con Francesco Ferretti è significativa, i mesi trascorsi da Carlo Cracco a Milano sono stati fondamentali: “Hanno lasciato il segno, facendomi capire molti aspetti tecnici e della visione di cucina.” A Villa Paola Pucci torna da secondo, fino a quando, nel 2023, viene incaricato di guidare la cucina: “L’anno scorso l’azienda mi ha chiesto di alzare l’asticella nella direzione di un progetto fine-dining che potesse valorizzare al meglio questo nostro territorio e un’idea di sostenibilità legata sia all’utilizzo di materie prime locali, sia alla minimizzazione degli sprechi”.

Idee chiare, quindi, come è chiara la voglia di far bene, sfruttando al meglio quello che è il legame con la sua terra, perché “quando creo un piatto voglio che si percepisca e venga rappresentata la Calabria”. Così, il 96% degli ingredienti impiegati in cucina sono regionali, con una quota importante di verdura e frutta che arriva dagli orti della tenuta che si sviluppa attorno alla villa. Allo stesso modo anche l’ottima carta dei vini spinge in modo molto deciso sulle etichette calabresi e sull’importante tradizione vinicola di questa zona.


Nel XVI secolo era un monastero dell’ordine francescano dei frati Minimi, ora è un’elegantissima dimora di charme con sole 12 stanze. Abbarbicato su una scogliera che guarda la Costa degli Dei, ha un bellissimo porticato che conduce agli spazi comuni e poi a uno stupendo giardino con sette terrazzamenti, dove godersi la tranquillità o nuotare nella piscina a sfioro con vista sul mar Tirreno e sul borgo di Tropea vecchia.

I menu si articolano su 5, 7 e 9 portate, ma è l’intermedio a rappresentare al meglio la sua cucina, secondo lo chef: “Necessità, Virtù delinea in pieno la nostra filosofia antispreco: era una necessità, in una Calabria rurale contadina, lo è anche oggi per combattere il cambiamento climatico e ridurre l’impatto ambientale. Non si butta niente, da qui il nome”. Si inizia con la delicata, riuscita armonia di trota della Sila, limone salato e rapa rossa: il pesce arriva dai laghi dell’altopiano: “Un pezzo di Calabria molto importante. Le accompagniamo con prodotti vegetali dal nostro orto, recuperando il più possibile dalla materia prima con diverse preparazioni”.

Notevole il gusto di bieta, sogliola, garum di sardine e olio di foglie di fico: il garum è ottenuto da una salamoia di ritagli di sardine, accompagnato da un estratto di bieta e un olio di foglie di fico; “è un piatto che mi ricorda l’infanzia, quando mamma preparava spesso la sogliola con le verdure lessate”.


I piatti


I menu si articolano su 5, 7 e 9 portate, ma è l’intermedio a rappresentare al meglio la sua cucina, secondo lo chef: “Necessità, Virtù delinea in pieno la nostra filosofia antispreco: era una necessità, in una Calabria rurale contadina, lo è anche oggi per combattere il cambiamento climatico e ridurre l’impatto ambientale. Non si butta niente, da qui il nome”. Si inizia con la delicata, riuscita armonia di trota della Sila, limone salato e rapa rossa: il pesce arriva dai laghi dell’altopiano: “Un pezzo di Calabria molto importante. Le accompagniamo con prodotti vegetali dal nostro orto, recuperando il più possibile dalla materia prima con diverse preparazioni.”


Notevole il gusto di bieta, sogliola, garum di sardine e olio di foglie di fico: il garum è ottenuto da una salamoia di ritagli di sardine, accompagnato da un estratto di bieta e un olio di foglie di fico; “è un piatto che mi ricorda l’infanzia, quando mamma preparava spesso la sogliola con le verdure lessate”.

ed erbe officinali spontanee d’alta quota, arriva da una vasta area protetta di montagna. Buonissimi gli spaghettoni in brodo di bosco con castagne e burro affumicato al fieno: nato dopo una passeggiata nella foresta, è un piatto autunnale dalla grande aromaticità che deriva dal brodo realizzato con erbe di bosco e con le note affumicate della castagna e del burro.

Si torna al Tirreno, con il riso Carnaroli Gran Riserva, erbe di mare, robiola, ginepro, bergamotto: una preparazione riuscita, dalle sfumature articolate e con una gradevolissima sapidità mitigata dalla nota profumata dell’agrume. Ancora una bella idea con la crépinette di agnello, mandorla, melograno e carota al BBQ: “Un piatto che rappresenta la storia del ristorante De Minimi. Si termina, curiosamente, con un dessert non tipicamente calabrese: il tiramisù in una versione rivista con tecnica e gusto, leggero e decisamente convincente.”

Dovesse restare uno spazio, la selezione dei formaggi calabresi del De Minimi è di tutto rispetto: “Durante il Medioevo, i monasteri hanno svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo dei prodotti caseari. Prima del loro coinvolgimento, i formaggi erano spesso di scarsa qualità e conservati in modo inadeguato, considerati addirittura dannosi e riservati alle classi più povere. Grazie alla regola monastica e alla creatività dei monaci, i formaggi hanno subito un’evoluzione notevole”. Di grande bontà, ad esempio, i pecorini biologici a latte crudo della Masseria de Tursi e i caprini dell’azienda agricola Sant’Anna. Un indirizzo da segnare.

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