Riceviamo e pubblichiamo

Potrebbe essere a Praga, a Dublino o a Stoccolma. Piazzetta San Falco, invece, è a Taverna, alle falde della Sila, in provincia di Catanzaro. Una delle cittadine più belle della Calabria.

Una sera, l’aria di Taverna sembrava sospesa.

Un po’ acqua di colonia che anticipa la primavera. Un po’ mandorle e miele, il profumo che aleggia sulle bancarelle alla festa del Santo Patrono. E un po’ odore di bambino, di fichi maturi e di innocenza.

Piazzetta San Falco, a Taverna, sembrava un dipinto di Chagall o di Matisse.

Le sedioline di un caffè all’aperto, le chitarre adagiate sul tramonto, il mormorio di chi ha tanto da raccontare, ma preferisce parlare a bassa voce per non fare male ai ricordi.
La notte di San Lorenzo è passata da un pezzo.

Anche se non le puoi più vedere cadere, puoi, però, continuare a contarle, le stelle.

E, quella sera, a Taverna, chi c’era a Piazzetta San Falco ne ha contato tante di stelle.

Soltanto di una, però, ha sentito il battito lieve, impalpabile, etereo.

Attraverso una canzone o un aneddoto, all’ombra di una memoria, dietro il verso di una poesia, quella sera, a Taverna chi c’era a Piazzetta San Falco ha ricordato così Daniele Radano.

Il musicista, l’aedo, il poeta andato via troppo presto, eppure capace di lasciare un’eredità letteraria e musicale ricchissima. Sferzante e complessa, come una canzone di De Andrè.

Dolcissima e struggente, come la lacrima di un vecchio. Criptica e chiarissima, come l’acqua che viene giù dalla fontana di piazza Poerio.

La serata dedicata a Daniele l’hanno voluta l’estro e l’affetto di tanti. Un pizzico in più l’ha voluta, però, lo stupore e la voglia di stupirsi di Giovanni Fratto che ha coltivato questo piccolo sogno sin da subito dopo la scomparsa di Daniele.

L’omaggio a Daniele è stato tante cose, come tante cose è ogni sosta della quotidianità, ogni interruzione dell’ordinario.

E nelle parole di chi è intervenuto, da Giovanni Fratto a Elena Dardano, dal dottore Gironda a don Antonio Ranieri, da Walter Fratto a Felice Foresta che, nel ricordare anche l’altro musicista tavernese Gianfranco Riccelli, ha proposto la sua realizzazione di una casa della musica, da Stefano Montesani  a Domenico Oliveti, da Caterina Bagnato a Daniele Gentile, e dalle canzoni e dalla Musica di Mattia Pirrotta, accompagnato da Giovanni Fratto, da Lorenzo Munizza e Angelo Rizzo, tutto questo è emerso chiaramente.

L’evento della – con il supporto delle riprese di Francesco Fratto e del service della  Pinuccio Sciò – , prima di ogni cosa, è stato però una bolla di sapone, la strofa eterna di una mattina d’estate, una nuvola che non screzia il cielo, ma lo sublima.

Una nuvola, già una nuvola. E Nuvola, amava farsi chiamare Daniele a Taverna.  E, anche quella sera, siamo certi che Daniele avrebbe voluto che il suo paese – che, a volte, considerava troppo piccolo e stretto ma che amava profondamente – lo chiamasse così.
Planava un po’ più in alto di tutti, Daniele.

Con il garbo e con la premura di un vasaio.  Con il tatto di una levatrice. Con la levità di una ballerina russa. 

Che avesse la chitarra o la biro tra le mani cambiava poco.

Daniele era sempre lì, di fianco a San Falco, in quella piazzetta che, quella sera, era gremita dei suoi amici, di semplici conoscenti, di musicisti e di artisti.

E di quanti, forse, credono ancora che la bellezza possa salvare il mondo, e la poesia possa salvare l’umanità che chiede di essere salvata.

Ed è per questo che Giovanni Fratto ha proposto di aggiungere Nuvola alla titolazione di Piazzetta San Falco.

Daniele, quella sera, era ancora lì, di fianco a San Falco, in quella piazzetta gravida dell’odore penetrante di mosto e di petricore.

Per dirci che la salvezza si conquista tra una lirica di Prévert e con le inquietudini di Camus; nella disperazione degli ultimi.

E in un nome, Nuvola, che sembra annunciare la pioggia e che, invece, è l’unico gancio che avvicina la terra al cielo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *