Donald Trump, il discusso e notissimo tycoon, è il (di)nuovo Presidente Usa. La sua è una vittoria chiave. E chiara, soprattutto. Perché con un margine talmente ampio che sarebbe stato difficile da pronosticare alla vigilia di queste importantissime elezioni, per cui si parlava invece di ‘adrenalinico’ testa a testa tra lo stesso ex Presidente e la Vice in carica Kamala Harris. Un equilibrio che dalle 3.30 di notte in poi, ora italiana, ha cominciato a spezzarsi.
E ha cominciato a profilarsi anche il successo schiacciante dei Repubblicani sui Democratici e quindi della Destra sulla Sinistra statunitense. Trump, inoltre, a un certo punto si è messo a giocare, si fa per dire come ovvio, anche per i record. Avere, cioè, dalla sua parte l’intero Congresso americano (Senato e Camera dei Rappresentanti) oltre alla Corte Suprema, per cui naturalmente non si vota alle Presidenziali ma i cui giudici vengono nominati dai Presidenti degli Stati Uniti. E poi l’ulteriore obiettivo: sfondare il muro dei 300 Grandi Elettori.
Ovvero dei Delegati eletti nei vari Stati, secondo la legge elettorale americana, che poi a loro volta votano il Presidente a seconda del loro orientamento. Resta, infine, il sogno (la grande soddisfazione personale come minimo) di prevalere nel voto popolare. Che, come premesso, in Usa non è decisivo per prevalere in questa competizione. Dato che ai Repubblicani ha arriso una sola volta nell’ultimo quarto di secolo.