Articolo tratto da La Stampa
Marco Tardelli ha intervistato per La Stampa Michel Platini, suo caro amico e compagno di squadra alla Juventus, che ha compiuto ieri 70 anni.
“Le roi” ha quindi iniziato a raccontare e… raccontarsi al quotidiano torinese e ai lettori: «Era il 1982, l’Italia aveva appena vinto il Mondiale e la passione per il calcio s’era moltiplicata. Bella, travolgente. Ma l’altra faccia era inquietante. Davvero bruua».
Scommetto (dice Tardelli) che ti viene in mente Firenze? «Eravamo sdraiati in pullman con i vetri in frantumi. Tutto perché l’anno prima la Juventus aveva vinto uno scudetto sul filo (nell’allora Militare, ndr), superando i viola in volata. Volevo affacciarmi (ride, ndi) e spiegare ai tifosi che io a Catanzaro, dove si decise quel campionato (gol di Liam Brady su rigore al 75′, ndr), neppure c’ero».
«Del calcio ho sempre guardato l’atleta e il gioco, tutto il resto non mi è mai interessato. La Legge Bosman, però, ha ucciso la filosofia del pallone: oggi per vincere devi avere soldi, basta vedere come sono cambiate le storie di City e Psg».
Il ricordo più brutto chiede sempre Tardelli? «L’Heysel è stata una pagina tragica. E, per me come per te, è complicatissimo parlarne. Mi fa stare malissimo pensare che alcuni tifosi venuti a vedermi non sono più tornati a casa».
Dopo aver lasciato il campo, sei stato allenatore e dirigente: ct della Francia e presidente dell’Uefa. Di recente sei stato assolto dalle accuse ricevute per la tua carica nel Governo del calcio europeo ha chiosato il… coyote “eroe di Madrid“. «Sono uscito pulito, ma hanno vinto lo stesso i miei nemici. Comunque, mi hanno rubato dieci anni di vita».