Articolo tratto da La Repubblica

Trentatré anni fa, Cosa nostra uccideva Giovanni Falcone, il magistrato simbolo della lotta alla mafia. Quel giorno, a Capaci, morirono anche la moglie del giudice, Francesca Morvillo, magistrata pure lei, e tre agenti della scorta, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo. Una strage di mafia, per la quale sono stati condannati i vertici di Cosa nostra, ma la procura di Caltanissetta non ha mai smesso di indagare, alla ricerca di “concorrenti esterni” all’organizzazione mafiosa che potrebbero avuto un ruolo nell’ideazione della stagione stragista del 1992. Cinquantasette giorni dopo quel 23 maggio, fu ucciso anche Paolo Borsellino, con i cinque agenti della scorta. Oggi, Palermo ricorda i suoi martiri con una serie di manifestazioni che culmineranno alle 17.58 nel momento di silenzio davanti l’Albero Falcone, l’albero divenuto simbolo accanto alla casa del giudice. A Palermo, oggi, c’è l’antimafia delle istituzioni, ma c’è anche l’antimafia della protesta contro il governo, accusato di un “pericoloso calo di attenzione nella lotta al crimine organizzato”.

Minuto di silenzio in anticipo, il corteo di protesta arriva quando i politici sono andati via

Il minuto di silenzio in memoria delle vittime della strage di Capaci è stato fatto alle 17.48, cioè dieci minuti in anticipo rispetto all’orario esatto in cui 33 anni fa morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Quando il corteo di protesta contro il governo è arrivato sul posto, i politici che erano sul palco allestito davanti all’abitazione di Falcone, erano già andati via.

Maria Falcone: Quanti politici oggi vanno a cercare il voto sicuro dal mafioso?

“Giovanni ha fatto tantissimo per la lotta alla mafia, ci ha lasciato tutte quelle norme che ancora oggi vengono utilizzate nel combatterla. Io vi ringrazio e vi bacio, perché so che tra di voi, oggi, non ci sono mafiosi, anche se questa città non è ancora libera. C’è ancora tanto da fare”. Così Maria Falcone, sorella di Giovanni, parlando dal palco allestito davanti all’albero Falcone, in via Notarbartolo, a Palermo, nel giorno in cui ricorre il 33esimo anniversario dalla strage di Capaci. “Quando sono qui in via Notarbartolo – ha aggiunto -, non posso fare a meno di vedere Giovanni uscire da quella porta con i borsoni e i fascicoli. E’ un’immagine che è scolpita nella mia mente. Quanti politici oggi vanno a cercare il voto sicuro dal mafioso? Quanti arresti, per mafia, ancora oggi vi sono. A chi mi chiede se la morte di mio fratello sia stata inutile io darei due schiaffi, perché non è possibile pensarlo. Quel Giovanni non può essere morto perché, ognuno nella nostra casa, al suo posto, continua ad amarlo, come un fratello”, conclude Falcone.

La Cgil: in duemila alla manifestazione antimafia per ricordare Falcone

Secondo la Cgil sono circa 2000 le presenze al corteo promosso da associazioni e studenti. Lo dice Mario Ridulfo, segretario della Cgil Palermo, tra i promotori dell’iniziativa. Il corteo avanza lungo via Libertà con l’obiettivo di raggiungere l’albero Falcone entro le 17:58, quando scoccherà il minuto di silenzio nell’orario in cui il tritolo fece esplodere l’autostrada uccidendo Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.


Lo slogan del corteo: Dell’Utri, Cuffaro noi non li vogliamo

“Dell’Utri, Cuffaro noi non li vogliamo”, urlano i partecipanti al corteo organizzato a Palermo per commemorare la strage di Capaci. Il riferimento è a Marcello Dell’Utri, tra i fondatori di Forza Italia, condannato a sette anni di carcere per concorso esterno all’associazione mafiosa, e al leader della Dc nuova, Totò Cuffaro, condannato a sette anni per favoreggiamento a singoli mafiosi.

Il nipote dell’agente Agostino: Verità per i familiari delle vittime

“Oggi siamo qui per rappresentare un’antimafia coesa, per chiedere verità per tutte le vittime della mafia, quella verità spesso calpestata e che ancora l’80 per cento dei familiari non conosce. Questo non è un corteo di protesta, ma il corteo antimafia della città di Palermo”. A dirlo è Nino Morana, nipote dell’agente di polizia Nino Agostino, ucciso dalla mafia insieme alla moglie incinta Ida Castelluccio il 5 agosto 1989. Nino Morana è uno dei promotori del corteo “Non chiedeteci silenzio” organizzato per commemorare la strage di Capaci. “Questo corteo non è contro le istituzioni ma, anzi, cerca il dialogo con loro. Penso che la politica dovrebbe ascoltare quello che noi stiamo rappresentando in piazza. Ancora oggi, la mia famiglia, aspetta una verità che appare sempre più lontana”.

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