Articolo tratto da Web
Esperti sorpresi dai crolli a Bangkok, a 1300 chilometri dall’epicentro: Se persino in un luogo, che si trova a parecchie centinaia di chilometri di distanza, ci sono stati crolli, e non in un’area lungo la stessa faglia, il fatto si spiega solo con un cosiddetto fenomeno di amplificazione locale.
Il parere di Doglioni
Bisogna considerare che è come se una scossa a Palermo avesse distrutto una città in Baviera. E per Doglioni, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv): “È stupefacente che siano crollati palazzi a Bangkok: a 1.300 chilometri di distanza dall’epicentro. E’ come se ci fosse un terremoto a Palermo e venissero giù gli edifici a Monaco di Baviera. Non è spiegabile che un terremoto provochi danni a oltre mille chilometri. A meno che non si ipotizzi un fenomeno di amplificazione locale: e in effetti Bangkok è costruita su giacimenti alluvionali in prossimità della riva del mare. Un contesto geologico che può aver amplificato una scossa arrivata da così lontano”.
Velocità di deformazione 10 volte più grandi rispetto all’Italia
Si tratta di “una zona del mondo dove la placca indiana si muove verso nord-nordest sotto l’Asia e in quella zona della Burma ha una componente obliqua, sono dei terremoti che hanno una componente compressiva ma anche di movimento laterale tra le placche quello che noi chiamiamo transpressione destra”. E’, dunque, l'”effetto di questa convergenza obliqua tra l’India e l’Asia di circa 4 cm all’anno, velocità 10 volte più grandi di quelle che abbiamo in Italia dove la deformazione è dell’ordine dei millimetri all’anno: questo spiega perché lì ci sono terremoti molto più energetici che da noi”.
Placca indiana e Appennino
“Anche da noi c’è nel sottosuolo un prolungato accumulo di energia e poi il suo rilascio sotto forma di eventi sismici. La grande differenza, per nostra fortuna, è che qui le velocità in gioco sono 10 volte inferiori. La placca indiana mostra uno spostamento di 3-4 centimetri all’anno, mentre l’Appennino si dilata a una velocità di 4 millimetri annui. Di conseguenza frequenza e magnitudo sono minori. In Italia – conclude il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – le zone che in futuro potrebbero essere aree epicentrali sono molto diffuse e sappiamo dalla statistica che prima o poi avremo li dei terremoti, perché c’è una media di 20-24 terremoti al secolo di magnitudo superiore a 5.5”.