irriverentemente.com/ irriverentemente.com/ dovrà mordere il freno nelle prossime settimane. Ma solo per circa 3 mesi e soltanto sotto il profilo della “ritardata” tempistica (che comunque nel giornalismo attuale è molto, se non tutto, ahinoi) per il motivo che spiegheremo a breve. A Dio piacendo, comunque sia, tornerà più… carico e motivato che mai in pieno periodo estivo. Vale a dire dai primi di agosto in avanti. E non perché il suo curatore (cioè “noi”) si prenderà una pausa per essere stato… addomesticato, impaurito o, di contro, blandito o subornato. Bensì unicamente perché il suo giornalismo, e soprattutto il suo carattere, non paga. In termini economici, almeno. In particolare in un settore in cui salvo il mercato della pubblicità, che per molti siti d’informazione (compresi i più quotati nazionali) è un pilastro, e quello delle clientele (altra fondamenta), modi per guadagnare pure piccole somme ce ne sono pochi o niente.
Il manuale del perfetto giornalista contemporaneo
Nel nostro mestiere, per far soldi e carriera, devi essere gradito al potere. Senza il politico (meglio, i politici) di turno non si va lontano. Non si trova cioè chi sgancia la… pila o ti fa un contratto che, tranne in rari casi, è peraltro meno remunerativo e garantito del rapporto di lavoro di un dipendente (pardon, “collaboratore esterno” nel 90% dei casi) di ultimo livello. In un “territorio selvaggio”, dominato da asservimento e leccaculismo. Una piaga, quest’ultimo, che ti fa vergognare di… colleghi, pezzenti nell’animo, i quali chiamano tutti “fratelli e sorelle” fingendo di svolgere un mestiere uguale al nostro. Gente la cui foto andrebbe invece mostrata nelle scuole di giornalismo per spiegare ai corsisti come non si faccia questo lavoro, stigmatizzati tali… accattoni pasoliniani con la penna in mano. Questuanti che popolano un sottobosco dell’informazione in cui quindi, almeno per noi, c’è poco da scegliere, avendo interrotto quasi tutti i precedenti rapporti di collaborazione per esserci rifiutati di seguire (sposandola acriticamente) la linea editoriale. Che mai corrispondeva alla verità (unica e vera!), bensì a un’altra verità (falsa e mistificatoria) gradita alla parte datoriale. Senza contare che, come insegna il procuratore Gratteri, da professionisti abbiamo sempre messo la “scrivania di mezzo” tra noi e i… datori, mai permettendogli di eterodirigerci.
I giornalisti lecchini, una piaga sociale catanzarese
Alla luce di quanto fin qui detto (pardon scritto), mai avendo voluto fare gli addetti stampa (ombra), travestiti da cronisti o notisti, noi non avremmo più strade per continuare la carriera, se non in modo autonomo e indipendente, com’è peraltro accaduto. Perché i colleghi lecchini, di cui sopra, hanno prodotto una mostruosità (un’inaccettabile aberrazione): l’abitudine a un giornalismo servile. Che fa apparire chiunque non lo pratichi con incessante assiduità, un pazzo rivoluzionario da emarginare. Ecco il motivo per cui tutte le strade che avevamo davanti per continuare come nulla fosse, arrivando così a racimolare lo… stipendiuccio agognato, ci apparivano quantomeno immorali. Oltreché degradanti sotto il profilo umano prima e professionale poi, dovendo magari “inseguire” chi ci doveva pagare chiedendogli di fare il… proprio dovere. Non dimenticando che, in alcuni casi, vi era il rischio di cacciarsi in situazioni persino illegali. Addirittura? Sì. E di seguito spiegheremo il perché.
Il giornalismo locale illegale, talvolta addirittura in odor di mafia
Iniziamo con spiegare che in alcuni casi, ad esempio quelli di noti portali locali scandalistici, ci sono ben altre implicazioni e fonti di reddito rispetto a quelle (apparenti) della pubblicità. Parliamo di mazzette e vicinanza a figure legate (se non organiche) alla criminalità organizzata, con una conduzione del lavoro quindi in violazione di qualsiasi più elementare disposizione normativa. Ma fin qui siamo nel contesto, pur maleodorante, degli intrallazzi quotidiani che a Catanzaro, come per la verità in qualche città vicina al capoluogo forse ancor più di altre realtà in Italia, abbondano. Attenzione, tuttavia. Perché la si può fare pure assai più sporca. Vedasi certi nostri… colleghi, che hanno tirato fuori il coniglio dal cilindro. Vale a dire definendosi proprietari di giornale pur senza portafoglio, eccetto il loro quasi vuoto e rimpinguato da referenti di ‘ndrangheta.
Gli editori delle… patatine
Si può fare l’editore delle… patatine, gestendo giornali del costo di oltre 15mila euro al mese senza una… lira? Sì. Ma a patto di macchiarsi di vari (gravi) reati e condotte illecite quali intestazione fittizia di beni e riciclaggio (o autoriciclaggio) oltre ad altri. Basta unicamente accettare un… veloce passaggio da un notaio compiacente che non va troppo per il sottile con le verifiche (una formalità) e, “puff”, come nei fumetti il gioco è fatto. E l’incantesimo realizzato. Tanto, ribadiamo: chi controlla con quali soldi (e di quale provenienza) l’operazione è stata condotta e si regge in piedi? Chi accerta insomma chi toglie, ma per davvero al netto dei prestanomi vari, i “famosi” 10-15mila € al mese (mica bruscolini) per “monte stipendi” e così via per giunta investiti in un settore come l’editoria in cui si guadagna sempre meno? E ancora: chi accerta a che scopo, se non di legittimo guadagno, si impiega una somma simile? Nessuno! Ma restano porcherie (eufemismo!) a cui noi abbiamo detto: “No grazie, a questo schifo non ci prestiamo”. Come appena detto, infatti, certi compromessi non li abbiamo accettati in passato e non ci interessano ora. Meglio consegnare corrispondenza e pacchi, a patto di esserne capaci. Perché farlo profuma di dignità e onestà. E per questo “non è importante, è l’unica cosa che conta!”.
I giornali in odor di mafia o, quantomeno dalla gestione opaca, perfetto emblema di un capoluogo sempre più Città del PeccatoRispetto a quanto fin qui raccontato, bisogna inoltre aggiungere che, anche se in cima ai Tre Colli capita una volta ogni morte di Papa, per noi si può solo vivere senza il terrore che una mattina ti bussi alle porta di casa la Dia e non certo per darti (o acquisire) una notizia ma per chiederti conto degli strusci con ambiti malsani. Rischio per chi manda avanti giornali in odor di mafia nei… paraggi. Giornali con una proprietà-finanziatrice fantasma, occultata da biechi prestanomi. Soggetti, sulla carta, solo sulla carta, di professione giornalisti. Oltretutto, per paradosso, ben introdotti (e stimati) negli ambienti della… Legge. Ma sappiamo come a certe latitudini, tutto si mescoli e si confonda. E la beffa che si somma al danno sia spesso costituita da vari Dracula messi a capo delle sedi Avis. Noi però, come detto, non ci stiamo. E nelle aule preposte ci confronteremo pure con chi, per… altro verso, non ci ha pagato il dovuto. Peccato solo doverlo fare tra un paio d’anni in ragione di un’udienza ad hoc fissata 24 mesi dopo (altro scandalo italiano) la richiesta di crediti maturati ma mai percepiti. Piacendoci però diritti e doveri, e la Legalità, sapremo attendere. Senza inciuci per “tenerci buona” la gente, acquisendo così una bella nomea. Perché preferiamo quella brutta, se non pessima. Convinti che, spesso, il “volemose bene” assume un sapore… mafioso!