Articolo e foto tratti da Sky Tg24
Le dimissioni sono una svolta: chi prenderà in mano il colosso dell’automotive compirà scelte, in un mercato sotto pressione per la transizione verso l’elettrico, che saranno decisive per l’intera industria automobilistica italiana e globale.
Le dimissioni di Carlos Tavares da amministratore delegato di Stellantis rappresentano una svolta cruciale per uno dei principali gruppi automobilistici al mondo. In un settore sempre più competitivo e sotto pressione per la transizione verso l’elettrico, il nuovo CEO erediterà un’azienda alle prese con sfide complesse e problemi che toccano direttamente il sistema economico italiano. Le prossime mosse del gruppo saranno decisive non solo per Stellantis, ma anche per l’industria automobilistica globale e per le migliaia di lavoratori e imprese che dipendono dalla sua attività.
L’eredità di Tavares: luci e ombre
Carlos Tavares ha guidato Stellantis dalla sua nascita nel 2021 (nascita che ha contribuito a concepire), risultato della fusione tra FCA e PSA. Il suo mandato è stato caratterizzato da strategie per certi versi audaci, come l’investimento massiccio nell’elettrico e una rigida disciplina sui costi. Tuttavia, gli ultimi mesi del suo incarico hanno evidenziato criticità significative, sia sul fronte delle vendite che su quello delle relazioni industriali.
Negli Stati Uniti e in Europa, le vendite del gruppo sono calate, rispetto all’anno precedente, rispettivamente quasi del 17% e più 7%. Anche la Fiat 500 elettrica, prodotta nello storico stabilimento di Mirafiori a Torino, ha registrato una domanda deludente, portando a ripetute sospensioni della produzione. In un mercato globale dell’auto in rapido cambiamento, con i produttori cinesi che dominano il segmento elettrico grazie a strategie aggressive e al forte sostegno statale, Tavares aveva puntato sull’aumento dei prezzi per compensare i volumi in calo, una scelta che ha finito per far perdere molti clienti.
Il nodo Italia: una promessa non mantenuta
L’Italia è forse il tassello più critico del mosaico Stellantis. Il nostro paese, che ospita stabilimenti storici come Mirafiori, Cassino e Melfi, si è trovato progressivamente ai margini delle strategie del gruppo, che qua da noi ha prodotto, nel 2024, a malapena 500mila veicoli, uno dei dati più bassi degli ultimi 20 anni. La promessa di raggiungere il milione di veicoli prodotti in Italia entro il 2030 appare sempre più lontana.
A ciò si aggiungono rapporti ormai logori con il governo italiano, che ha, a più riprese, accusato Stellantis di aver spostato all’estero buona parte della produzione e di aver lasciato in Italia pochi modelli e spesso datati. Le tensioni si sono accentuate a gennaio, quando lo stesso Tavares replicò alle critiche della presidente del Consiglio Giorgia Meloni accusando il governo di non sostenere a sufficienza l’industria con incentivi adeguati per l’acquisto di veicoli elettrici.
Sfide globali: elettrico, Cina e sostenibilità
In effetti la transizione verso l’elettrico è il principale banco di prova per Stellantis e per l’intero settore. Se da un lato il gruppo ha annunciato ambiziosi piani per lanciare nuovi modelli elettrici e costruire una gigafactory a Termoli (progetto già sospeso), dall’altro il mercato europeo e americano fatica a decollare. L’incertezza sui costi, la scarsa autonomia delle batterie e la concorrenza dei produttori cinesi rendono il percorso a dir poco accidentato.
La Cina, in particolare, è la vera spina nel fianco per Stellantis, ma non solo per lei. Produttori come BYD e NIO stanno guadagnando quote di mercato grazie a modelli competitivi e accessibili, mettendo in difficoltà le case automobilistiche tradizionali europee, ma anche americane. Stellantis non fa eccezione, con vendite in calo e una presenza sempre meno rilevante anche nel mercato cinese.
Sindacati e lavoratori: un equilibrio da ricostruire
Le relazioni sindacali rappresentano poi un’altra enorme sfida per il successore di Tavares. I sindacati italiani denunciano da tempo la mancanza di un dialogo costruttivo e di un piano industriale chiaro per il paese. La cassa integrazione è ormai una costante per migliaia di lavoratori, alimentando tensioni sociali e preoccupazioni per il futuro.
Secondo i sindacati, Stellantis ha privilegiato una strategia di breve termine, basata sulla massimizzazione dei profitti, a scapito di una visione di lungo periodo che garantisca stabilità occupazionale e innovazione. La richiesta è chiara: più investimenti negli stabilimenti italiani e un impegno concreto per rilanciare la produzione.
Il ruolo del prossimo Ceo: ripensare Stellantis
Il successore di Tavares avrà quindi il difficile compito di rilanciare Stellantis in un contesto globale sempre più competitivo. Nello specifico dovrà innanzitutto rilanciare le vendite, puntando su una gamma di modelli più innovativa e in linea con le esigenze del mercato. In secondo luogo rafforzare la presenza nei mercati chiave, tra cui Cina e Stati Uniti. Ovviamente dovrà anche ripristinare relazioni costruttive con i governi e i sindacati, dimostrando un impegno concreto verso le comunità in cui il gruppo opera. Infine dovrà accelerare la transizione verso l’elettrico, affrontando al contempo le criticità legate ai costi e all’accettazione del mercato.
Una sfida che riguarda tutti
Stellantis si trova così ad un bivio. Le decisioni prese nei prossimi mesi influenzeranno non solo il futuro del gruppo, ma anche il destino di migliaia di lavoratori e dell’intero comparto automobilistico italiano. Per il prossimo AD, sarà fondamentale bilanciare le esigenze degli investitori con quelle dei lavoratori e dei Governi dove l’azienda ha sede, dimostrando che è possibile fare impresa in modo sostenibile e inclusivo. Il futuro di Stellantis, e forse dell’intera industria dell’auto, dipende dalla capacità di affrontare queste sfide con visione, coraggio e responsabilità.