Michele PadovanoMichele Padovano

Innocente, 17 anni senza libertà. È questo il docufilm che tiene banco su Sky Sport all’inizio del 2025. Ieri, venerdì 3 gennaio, la prima puntata. Protagonista un ex asso del pallone: Michele Padovano. Uno che, per intenderci, ha fatto gol (nella sequenza dei rigori) in finale di Champions, regalando alla Juventus la sua seconda, e finora ultima, “Coppa Campioni”. Ma che esattamente dieci anni dopo quello storico trionfo, una sera di primavera inoltrata, viene fermato, estratto in malo modo dall’auto di cui è alla guida e sbattuto a terra per essere ammanettato da una decina di carabinieri in borghese. I quali lo portano dapprima a casa, per una perquisizione domiciliare, e a seguire in carcere. Motivo? Un’accusa pesantissima! Sarebbe il capo, o comunque una figura apicale, di un giro di narcotraffico internazionale insieme a un amico del cuore (pluripregiudicato), a cui poi – diranno i giudici, dopo l’annullamento con rinvio della precedente condanna in Appello ad opera della Cassazione – in realtà aveva soltanto prestato del denaro per l’acquisto di due cavalli di razza.

Il calvario e la… rinascita di Padovano

Mentre l’Italia calcistica, e non solo, sta spasmodicamente seguendo gli Azzurri di Marcello Lippi (peraltro ex allenatore di Padovano proprio nella Juve di metà anni Novanta che vince a raffica, in patria e all’estero) proiettarsi verso la conquista del quarto Mondiale, l’ex attaccante bianconero è già da diverse settimane dietro le sbarre facendosi 10 giorni di isolamento e altri 3 mesi di regime detentivo ordinario. Adesso, però, dopo il definitivo scagionamento nel 2023, lo stesso bomber Michele ha realizzato il documentario sulla triste vicenda di cui parliamo. Che si è aperto con gli esordi da calciatore, come ovvio. Quando, cioè, a 20 anni appena compiuti insieme alla fidanzata (ora moglie e madre di suo figlio Denis come veniva chiamato lo sfortunato compagno di squadra di Padovano, Donato Bergamini, asseritamente ucciso su… commissione dell’allora compagna Isabella Internò) approdò a Cosenza.

L’arrivo a Cosenza e subito il derby con il Catanzaro

A metà anni Ottanta, la giovane promessa piemontese lascia l’Asti (terz’ultimo nel vecchio girone A di C2) a due passi dalla sua città, Torino, per passare nel raggruppamento B di C1. In un luogo posto all’altro capo dell’Italia. In Calabria, appunto. Dove la vita e la carriera di Padovano saranno segnate per sempre. Perché oltre al legame come premesso instaurato con il povero Bergamini, Michele non potrà, mai, dimenticare il debutto in maglia rossoblù. Un esordio indirettamente legato al Catanzaro e al nome del ‘funambolico’ Massimo Palanca.

Lo stupore di Padovano… ragazzo

Lo stupore di Padovano… ragazzo, che arriva in Calabria, lo mette in rilievo lui stesso. “A metà novembre venivo da Asti (qualche giorno prima racconta la moglie divertita avevamo attraversato lo Stivale con una piccola auto, ndr) dove al campo sportivo – ricorda – assistevano alle partite 300 persone mal contate. Ma, all’improvviso, la domenica (è il 16 novembre 1986, ndr) mi trovo in uno stadio con 30mila persone sugli spalti (numero probabilmente eccessivo in un San Vito all’epoca ancora con una Curva sola e la trasferta negata ai tifosi ospiti, peraltro esattamente come nel derby di circa 10 giorni fa). Al S. Vito (oggi anche Gigi Marulla, ndr) era infatti in programma Cosenza-Catanzaro. Una roba per me completamente diversa – conclude – da ciò a cui ero abituato in C”. Padovano, anche se non lo ha detto, vide pure il presunto “vecchio” Palanca (sub)entrare dalla panchina e annichilire letteralmente i Lupi in pochi minuti con una doppietta valsa a fissare il 3-1 finale in favore dei giallorossi al termine di quella stagione sportiva promossi tra i Cadetti.

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