Articolo e foto tratti da Sky Tg24
Dominique Pelicot, 71 anni, si è autodefinito “violentatore”, ammettendo: “Sono colpevole di quello che ho fatto, ho rovinato tutto, ho perso tutto. Devo pagare”. Pene non molto inferiori sono attese per i 50 imputati, soltanto una parte di coloro che dal 2010 al 2020 approfittarono dello stato di stordimento della donna.
Il massimo della pena – 20 anni di carcere – sono stati chiesti nella giornata delle requisitorie al processo per gli stupri di Mazan, la vicenda che ha avuto origine nel profondo sud della Francia, facendo poi il giro del mondo. Gisèle Pelicot, una donna oggi settantenne, fu stuprata per 10 anni da decine e decine di uomini, 50 dei quali (fra i 26 e i 74 anni) compaiono come imputati nel processo che si avvia alla conclusione.
La prima delle richieste dell’accusa, 20 anni, il massimo, è stata chiesta per il marito della donna, Dominique Pelicot, che per un decennio ha drogato, violentato e fatto violentare sua moglie da decine di uomini reclutati su internet.
Gli abusi
“Vent’anni sono tanti, perché sono vent’anni di una vita, qualunque sia l’età dell’imputato. Ma sono anche troppo pochi vista la gravità dei fatti che sono stati commessi e ripetuti”: sono parole pesanti quelle con le quali Laure Chabaud, vice pm al processo per gli incredibili fatti accaduti nel villaggio di Mazan.
Da due mesi i media francesi e di tutto il mondo raccontano l’indicibile che è stato descritto nell’aula di tribunale, quello che per tanti anni è avvenuto nel sud della Francia. Una donna sedata a ripetizione e a sua insaputa dal marito per 10 anni, decine e decine di uomini reclutati e convocati su un sito di incontri che ora è stato bandito dal web, per stuprarla a turno.
Alcuni sono tornati più volte, un tale Jerôme – uno dei 50 imputati presenti in aula, soltanto una parte del totale – ha ammesso di essere tornato sei volte: “Non perché mi piacesse stuprare, ma perché la mia sessualità era incontrollabile”, ha detto al processo.
Il processo
Molti di questi 50 “frequentatori” di casa Pelicot rischiano una pena non molto inferiore a quella del marito di Gisèle.
Il quale avrebbe personalmente commesso di persona una buona metà degli stupri, quando non si limitava a filmare e poi catalogare i video in cui i suoi “invitati” approfittavano dello stato in cui lui riduceva Gisèle.
“Sono colpevole di quello che ho fatto, ho rovinato tutto, ho perso tutto. Devo pagare”, ha detto Pelicot.
Se per lui sono stati chiesti 20 anni, 17 i pm ne hanno invocati per Jean-Pierre M., definito “il suo discepolo”, un individuo che si era ispirato al metodo della “sottomissione chimica” varato dal marito di Gisèle per stordire e far stuprare la propria moglie.
Per gli altri, in questa prima di tre giornate di requisitorie, sono per ora stati chiesti 10 anni (nei confronti di 11 imputati) e 4 anni. Suscitando una vigorosa protesta degli avvocati, che hanno definito “sconcertante” la severità della pubblica accusa nei confronti dei loro clienti: “La procura – ha detto uno di loro, Patric Gontard – aveva la spada dell’opinione pubblica puntata sulla schiena.
Quando vedo le pene richieste, mi dico che sono davvero sproporzionate”. Nella sua requisitoria, il pubblico ministero e i suoi collaboratori hanno affermato che “il nodo” del processo per gli stupri di Mazan “è cambiare fondamentalmente i rapporti fra uomini e donne”. La sentenza è attesa per il prossimo 20 dicembre.