Articolo tratto da Corriere.it
In Italia ne crescono già 49 e ora ne arrivano altre 10: sono le piante nate da semi di specie sopravvissute ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki. Si chiamano Hibakujumoku e sono un simbolo di speranza e resilienza. Le distribuiscono ogni anno Pefc Italia e l’Associazione Mondo senza Guerre e senza Violenza. Si chiamano Hibakujumoku, sono gli Alberi della Pace – oltre 160 classificati in più di 30 specie -, nati dai semi di piante sopravvissute ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki. Sono un simbolo di speranza e resilienza, perché sono piante che si trovavano sul terreno nel raggio di due chilometri dall’epicentro delle esplosioni nucleari.
Dal 2020 Pefc Italia, che si occupa della gestione sostenibile delle foreste, assieme all’Associazione Mondo senza Guerre e senza Violenza-Biodiversità Nonviolenta, distribuisce ogni anno 10 alberi nati dai semi degli Hibakujumoku e li affida alle cure di organizzazioni, scuole e istituzioni che si sono distinte per progetti e attività a favore della pace, dell’ambiente e della inclusione sociale. E ad oggi già 49 alberi Hibakujumoku crescono in tutta Italia, dal Nord al Sud, da Varese a Udine, da Livorno a Reggio Calabria. I primi sono stati consegnati al Kilometro Verde di Parma e alla Biblioteca San Matteo degli Armeni a Perugia. E via via al Parco della Pace di Vicenza; all’associazione Pro Ponte di Perugia Ponte San Giovanni; al Comune di Pesaro, all’associazione Nuova Acropoli di Bologna. Il termine giapponese – composto da hibaku «bombardato, esposto a radiazione nucleare», e jumoku cioè «albero» o «bosco» – è stato coniato per indicare un albero che è stato esposto ai bombardamenti atomici ed è sopravvissuto o ha rigermogliato dalle medesime radici.
«Sono testimoni silenziosi di una tragedia che segna indelebilmente – sottolinea Marco Bussone, presidente Pefc – il percorso dell’umanità, portano messaggi oggi più che mai necessari, soprattutto considerando i drammatici conflitti attualmente in corso nel mondo. Gli Hibakujumoku sono un monito vivente contro la guerra e l’uso di armi di distruzione di massa ma anche la ferma dimostrazione della forza e della capacità di rinascita insita nella natura». Attraverso la simbolica sopravvivenza degli Hibakujumoku, il mondo continua a imparare le lezioni di Hiroshima e Nagasaki, sperando in un futuro senza armi nucleari. E aggiunge Bussone «la pace si costruisce anche con un nuovo approccio agli ecosistemi, fermando deforestazione e sfruttamenti illegali di superfici forestali, generando nuovi legami tra chi produce e chi consuma i beni pubblici naturali. Percorsi che intrecciano in modo nuovo il Capitale umano e il Capitale naturale».