Francesco e Mario OcchiutoFrancesco e Mario Occhiuto

Riceviamo e pubblichiamo

Ultimo giorno del mio cammino (interiore) in Terra Santa, con Chicco nel cuore
Dal Calvario a Betlemme

La mattina ho iniziato il cammino con il cuore triste.

Non avevo chiuso occhio nella notte. Pensavo a Chicco, ai suoi sogni, ai progetti per il futuro di cui parlavamo solo pochi giorni prima della sua crisi.

Pensavo a tutto quello che avrebbe potuto essere. E che, in qualche modo, continua a vivere dentro di me.

Abbiamo iniziato presto, recandoci nel cuore di Gerusalemme. C’è poca gente, un po’ per l’ora, un po’ per la guerra.

Don Giacomo ha celebrato la messa alle 8:00 sull’altare del Calvario, dedicandola a Francesco e ad altre intenzioni.

Pregare lì per Chicco, dove Gesù ha donato tutto per amore, è stato un momento molto dolce per me.

Siamo ripassati dal Santo Sepolcro, come per affidare ancora una volta a Dio i nostri cari, i nostri pensieri, il nostro amore.

Poi ci siamo fermati per un caffè, in una delle stradine della città vecchia, offerto da Jack, un amico di Simone, un arabo cristiano dal cuore grande.

Un momento semplice ma che, nonostante tutto, ci ha dato serenità per quell’abbraccio tra “vecchi amici” che erano invece un minuto prima solo persone estranee di culture diverse.

Quando siamo partiti per Betlemme, dopo aver fatto tutto questo, ero sempre stanco ma già un po’ più sereno.

Per pochi chilometri abbiamo dovuto attraversare la frontiera tra Israele e Cisgiordania, i territori palestinesi.
Un confine che si sente e che pesa.

Arrivati a Betlemme, siamo entrati nella Basilica della Natività, che custodisce la grotta dove è nato Gesù.

Nella grotta, suggestiva e intensa, ho lasciato una immaginetta di Chicco.

Non servivano parole, solo un gesto d’amore e una preghiera di affidamento silenzioso.

All’interno poi, abbiamo visitato anche la Basilica di Santa Caterina, con l’ingresso che porta alle grotte di San Giuseppe e di San Girolamo, dove San Girolamo tradusse i Vangeli dall’ebraico e dal greco al latino.
Luoghi semplici, nascosti, ma pieni di memoria.

Camminando in questi giorni per Gerusalemme e anche presso il Santuario a Betlemme, vedo che ogni angolo, ogni pietra, sembra sussurrare il nome di Dio.

Eppure, questo nome viene invocato in modi così diversi: cristiani, ebrei, musulmani.
Ognuno con il suo linguaggio, la sua storia, la sua verità.

E allora capisco che è facile farsi prendere da un senso di smarrimento, quando le voci si sovrappongono e sembrano contendersi perfino i luoghi più sacri.

Mi hanno detto —e ora lo vedo— che i cristiani a Gerusalemme sono poco più dell’1% della popolazione.

Una minoranza piccola, quasi invisibile, in una città che custodisce i luoghi più santi del cristianesimo.

E anche tra noi cristiani ci sono divisioni: lotte per una chiave, per un altare, per una processione, per uno spazio davanti al Santo Sepolcro.

Tutto questo fa male al cuore.
E sono sicuro che fa male anche a Dio.

Eppure, in mezzo a tutto questo, i luoghi emanano comunque una tale forza che ci si aggrappa a una cosa sola: all’amore.
Ecco perché questo viaggio credo che abbia fatto bene a tutti noi.

Perché fa capire quanto è importante l’amore: per Dio, per i nostri cari, per il prossimo e per le cose che contano davvero nella vita.

A me resterà per sempre il ricordo delicato di questi luoghi santi, la bellezza evocata dalla figura di Gesù, e l’amore che ho portato fin qui per Chicco, per la mia famiglia.
Un amore che non si spegne.

Domani torno in Italia.

Ma so che una parte di me resterà qui. Tra queste pietre, questi ulivi, queste lacrime.

E tra tutte queste preghiere, quella che affido a Gesù ancora una volta è semplice:
Signore, tienimi legato a Te.

E abbraccia Chicco, finché un giorno non potrò farlo anche io.

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