Beppe ApostolitiBeppe Apostoliti

“Io non ritratterò”. Questa la promessa, e la premessa, che ci fa Beppe Apostoliti. Che, ne siamo certi, non sarà mal consigliato al pari di Jasmine Cristallo da certi ‘logori (ormai logorati dal tempo’) personaggi locali da cui rischia di essere trascinata a fondo. Ma questa è un’altra storia! Perché la notizia odierna è che Apostoliti ci chiama e ci dice la sua verità sull’affaire della sua esclusione dalla Giunta del Fiorita-ter. Versione che somiglia tantissimo a quella oggettivamente vera, salvo addirittura coincidervi alla perfezione. “È accaduto – esordisce – tempo fa. Hanno sondato la mia disponibilità e io l’ho subito data (leggi il nostro pezzo di allora in anteprima: https://irriverentemente.com/?p=4785, ndr). Ma a una condizione: che mi venisse assegnata la delega dei Servizi Sociali. Politiche in cui credo ormai di essere uno tra i più esperti in città, senza voler esagerare”.

E allora, perché l’hanno segata al… primo giro di consultazioni, sebbene l’imprimatur cristalliano?
“Perché avrei lavorato in un certo modo e soprattutto in una certa direzione. E, pur se è una coincidenza rispetto al niet alla mia persona che di sicuro non dipende da ciò considerato che nessuno lo sapeva, come primo atto mi sarei informato meglio sui bandi da ritirare. Alludo a quelli, e a uno in particolare, finanziati da diversi anni con il Fondo della Povertà. Al punto da avere una dotazione economica importante, che non mi pare però sia stata molto appetita essendoci pochi partecipanti. In un caso rilevante mi sembra addirittura soltanto due. E quindi, a mio avviso, bisogna metterci mano e rimodularli”.

Insomma non se ne sarebbe stato zitto e buono in un angolo. Ma basta questo basta a spiegare la sua esclusione quasi istantanea?
“Certo che no. L’errore è stato il modo in cui è stata gestita la cosa. Si sa bene che in questi casi, i primi nomi fatti con largo anticipo, sono quelli da bruciare. Ergo… . Si è insomma offerta a Nicola Fiorita su un vassoio d’argento l’arma per farmi fuori”.

E quindi a cosa allude? A Fuoco amico, frutto di una strategia studiata a tavolino?
“No. Nient’affatto. È stata ingenuità. Ma la gestione dell’operazione politica tentata, se così la vogliamo chiamare, resta a tratti incomprensibile”.

Va bene, ma tanto lei era incompatibile. Parola di Radio Pd Catanzaro. Ragion per cui…
“Mi spiace che anche un giornalista attento come lei sia caduto in questa… trappola. È una cosa che non esiste”.

Si spieghi meglio.
“La presunta incompatibilità del sottoscritto sarebbe derivata da un contenzioso di Arci Catanzaro con Palazzo De Nobili. Una causa vinta in cui peraltro ci ha assistito l’ottimo Francesco Pitaro, altra vittima politica di questa singolare vicenda Giunta (pure lui per 12-24 ore in predicato di fare l’assessore, ndr). Solo che io sono presidente di Arci Calabria. E quindi l’incompatibilità sarebbe semmai scattata per l’amico Rosario Bressi (presidente di Arci Catanzaro, ndr). Non per me. Che avrei potuto lavorare per la città. Ma qualcuno aveva altre idee”.

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