Questo “pezzullo” non vuole essere un inno al solito “quanto si stava meglio, quando si stava peggio”. Giammai, anche perché nasce da una domanda fatta, più che da giornalista, da maturo signore incuriosito.

A cui capita di ascoltare un ragazzo bearsi di un inatteso giorno libero. Mentre per giunta lo fa con tutta la sfrontatezza, ma anche l’ingenuità, dei suoi 15 anni.

È circa mezzogiorno infatti e Ivan, di cui non vi sveliamo il cognome perché trattasi di minore che oltretutto potrebbe urtare la ‘suscettibilità’ di qualche suo insegnante, mangia tranquillo delle cose molto appetitose della rosticceria di prima qualità di un bar della periferia di Catanzaro.

In cui è arrivato verso le 11.10, per l’esattezza, con la cara zia Adele da una vicina cittadina della Presila.

Ma non per andare a lezione, come ovvio, bensì per stare insieme proprio alla sorella della mamma che deve fare degli acquisti in città.

Il ragazzo non ha marinato la scuola. Nient’affatto, naturalmente.

Non ci è andato soltanto in ragione dell’allerta meteo che ha spinto il sindaco del capoluogo Nicola Fiorita a disporre la chiusura, peraltro legittimamente in base alle normative vigenti, delle scuole di ogni ordine e grado per allerta meteo.

Decisione che, in un lunedì della Settimana Santa già di per sé preludio di alcuni giorni di… vacanza, rende Ivan appunto felice come una Pasqua.

Fa tanto ridere, del resto, ascoltarne l’intuibile manifestazione di giubilo: “Ormai prego che piova un po’ di più, perché in media quella settimana di libertà all’anno per il cattivo tempo è assicurata”. Forse esagera, però. Magari non si va oltre i 3, 4 o massimo 5, giorni di… forfait.

Ma il concetto è un altro. Ed è segno dei tempi che viviamo.

Che marcano la netta distanza da un passato in cui diluviava, nevicava e tirava vento forte, anche assai di più rispetto a ora. Ma a scuola, salvo si ‘salasse’, bisognava andare. Sempre.

Soprattutto nel terzo trimestre – o secondo quadrimestre, fate voi – quando cioè si tiravano le file del lavoro fatto in precedenza. Si doveva insomma produrre l’ultimo, decisivo, sforzo per ‘salvarsi’ dall’esser rimandati a settembre (fin quando accadeva, ovvero ante una delle tante sciagurate riforme del comparto), se non addirittura per evitare di essere respinti, o viceversa per giocarsi il titolo di alunni migliori della classe. Oggi, però, non è più così.

Anzi, semmai il contrario. Perché basta che piova un po’ più del solito (considerato come di neve se ne veda ormai poca pure da dicembre a febbraio, figurarsi in primavera inoltrata), o almeno lo preveda il bollettino diramato ad hoc, per restarsene a casa. O dove pare meglio.

Perché la sicurezza va messa davanti a ogni cosa. È giusto così. Ma poi non ci si lamenti di una scuola ridotta a brandelli.

E di adolescenti o giovanissimi ‘somarelli’, detto in… media con quindi manifesta esclusione di tanti ragazzi e istituti di eccellenza disseminati in ogni dove in Calabria e nel Paese, rispetto ai coetanei europei e nordamericani. Tutto qui.

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