Avv Franco "Janfer" CritelliAvv Franco "Janfer" Critelli

di Franco “Janfer” Critelli*

Nel percorso della mia vita umana e professionale, siccome difensore estremo di foro e connessa cultura del processo e non dei salotti televisivi né tantomeno dei circuiti viziosi di convivialità circolante che non ha niente a che con fare la cordialità dovuta che deve intercorrere tra tutti gli operatori- interpreti.

Così ispirato dai classici fasti tempi, all’insegna di quell’ AUTOREVOLE Avvocatura energica e combattiva per i diritti Umani, ho sempre lottato coraggiosamente come un “Leone” in ogni dove, per una Giustizia “Giusta”. 

Peraltro, in prima linea e sulla strada della gavetta, dalla quale fieramente provengo, denunciando più volte, lo stato comatoso cui è stata ridotta la Madre Giustizia tra troppe riforme errate, tante altre rimandate e/o mal concepite, con derivata crisi d’identità” … Ed invero, Non la riconosco più.Sic!

Per l’effetto, l’attuale scontro ideologico tra Magistratura, Avvocatura e Politica, credetemi, non giova al Popolo Sovrano (ex art. 1 della Carta Costituzionale).

Così, nel massimo rispetto per le opinioni di tutti, al netto di simpatie, ex art. 21 della Carta Costituzionale, mi pregio ritenere che la prospettata riforma delle carriere separate tra organo giudicante (colui che giudica) e l’organo requirente (colui che accusa), non può avere appartenenza politica. Non è una questione di slogan, né di semantica. 

Urge, andare oltre il proprio “ ego” e mirare al bene comune, ergo, l’Italia come fu “culla del diritto”, non può perdere tale appuntamento con la propria Storia, ossia separare nettamente “ l’attuale “gemellarità” intercorrente tra organo giudicante ed organo requirente, per dare finalmente piena attuazione al principio del Giusto processo, così inviolabilmente designato ex art. 111 dalla Carta Costituzionale e dall’art. 6 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo come equo processo”.

Repetita iuvant, colui che accusa come organo requirente nella pratica appunto esplica una tesi accusatoria (tutta da verificare in dibattimento, oltre il ragionevole dubbio, ove si forma la prova nel giusto contraddittorio) a carico dell’ imputato di turno e pur in presenza dell’art. 358 c.p.p che dovrebbe in teoria valorizzare elementi a favore (ma in pratica tale mirabile norma è svuotata perché quasi giammai applicata e finanche senza sanzione processuale, sul punto sarebbe necessario intervenire per la piena valorizzazione), in contrapposizione dunque, a tale tesi della pubblica accusa, si pone una antitesi quella difensiva (come ricostruzione alternativa lecita), così fra le frapposte tesi (accusa e difesa), l’organo giudicante equidistante (id est distaccato psicologicamente senza appartenenza ideologica) dalle parti in contesa come auspicata “appartenenza TERZA”, con la sua appunto terzietà, imparzialità, profondità e dovuta serenità dal volto umano, deve discernere, valutare e giudicare, per emettere una sentenza che coinvolge aspettative, sentimenti ed emozioni del destino degli uomini.

Ma per fare questo, non può assolutamente appartenere alla stessa iscrizione correntizia di natura familiare di una parte processuale in contesa.

Anche a dolce ed imperituro ricordo “ sulla Terzietà e/o imparzialita’ del Giudice”, di un mio elaborato premiato presso la Camera Europea di Giustizia in Napoli correva l’anno 2013, dall’allora pregiato sig. Procuratore Nazionale Antimafia dott. Franco Roberti, alla presenza di insigni giuristi, giornalisti ed accreditato pubblico.

Ancora, l’attuale sistema ordinamentale vigente, prevede che chi giudica è collega di chi accusa, avendo costoro, appunto la comune frequentazione associativa come provenienza formativa della tessera correntizia derivata come degenerazione causale di danni sotto gli occhi di tutti. Docet il metodo Palamara. Per non dimenticare.

Invece, in pratica ed in buona sostanza, la separazione delle carriere, contribuirebbe in modo concreto appunto, all’attuazione del sacrosanto principio della presunzione di Innocenza ex art. 6 della CEDU e/o giusto processo  ex art. 111 della Carta Costituzionale, aumentando per l’effetto, nell’animo del cittadino indagato e/o imputato che sia, la massima garanzia possibile, nonché la concreta speranza di avere un giusto e/o equo processo e comunque rafforzerebbe l’indipendenza dell’ordine giudiziario, psicologicamente e finalmente “ libero dalle sue genetiche logiche di potere” nella sua raggiunta ed effettiva libertà “ di natura psicologica” terza ed imparziale intesa come equi -distanza dalle parti in contesa, realizzando il giusto contraddittorio che può dirsi a questo punto davvero “ perfetto  e non più diseguale”.

Così, mi pregio invitare tutti ad una analisi approfondita dell’annosa tematica su tali spunti riflessivi magari aprendo un dibattito aperto, per poter decidere però dovutamente informati, ognuno con la propria testa e libertà interiore senza contaminazioni, nella massima autodeterminazione, a prescindere dai colori e dai pregiudizi di sorta che repetita iuvant non giovano alla verità dei fatti. Perché in fondo, l’Italia, merita di rinascere.

Persuaso che nella specie, bisogna spogliarsi dalle proprie radicate convinzioni e con profondo esame autocritico e critico, affrontare la campagna referendaria con animo propositivo ed obiettivo e contestualmente con occhi lungimiranti, per non perdere l’appuntamento con la storia che uno Stato di diritto come il nostro merita. È una battaglia di civiltà che non può essere rimandata né perduta.

Perché tale prospettata riforma epocale, avente ad oggetto la separazione delle carriere (tra chi giudica e tra chi accusa), deve essere affrontata con la dovuta conoscenza dei dati storici, Costituzionali ed Europei, come espressione di civiltà dalla quale proveniamo. Non potrebbe essere diversamente.

Tanto dovevo, siccome Innamorato della Toga memoria ed indipendente da sempre rectius incontaminato da ogni pregiudizio, come estremo difensore dell’abbracciata Giustizia Giusta, intesa come Educazione alla legalità sostanziale.

Dulcis in fundo: “Se chi ti giudica appartiene alla stessa famiglia di chi ti accusa, non credo che sia la stessa cosa che ti giudica sia nettamente separato rectius distaccato (in tutti i sensi) da chi ti accusa, per ascoltare, appunto il giudicante, in modo sereno e terzo come arbitro impassibile con occhi ed animo del “separato” inteso come distanziato, anche chi ti difende”. 

Solo così facendo le richieste del sig. Pm di turno (per carità che meritano rispetto ma non condivise), saranno considerate “idealmente” come provenienti da una parte responsabilizzata che propone una tesi come provvista accusatoria, al pari del difensore, altrettanto “parte pari responsabilizzata”, di fronte appunto al Giudice psicologicamente responsabilizzato  terzo ed imparziale rispetto alle parti in contesa che giudica appunto come guardiano della legalità intesa come educazione alla massima trasparenza, dovuta serenità e lontana anni luce da ogni sospetto. 

Il che val quanto dire, fin dalla tenerissima età, allorquando volevo fortissimamente diventare avvocato “dell’essere difensore”, ho sempre immaginato il processo come un palcoscenico teatrale, dove tra attori in “perfetto” contraddittorio come tesi ed antitesi, di fronte un giudicante “puro e dovutamente TERZO rectius sereno nel suo intimo” alla disputa, svolgente una sintesi discrezionale ma vincolata al dovere appunto all’iter motivazionale come massima espressione di pensiero “ vergine”.

Il tutto, per superare, qualora ce ne fosse bisogno, una volta per sempre talune scorie ed abitudini colpevoliste di matrice inquisitoriale e altrettante compiacenze di natura psicologiche di talune prassi distorsive di recente memoria nonché anche se in palese ritardo, come completamento della riforma Vassalli ( attuale codice di processuale vigente del 1988) e della riforma Costituzionale del 1999 in ordine all’art. 111 della Carta Costituzionale).

Lo dobbiamo alla nostra storia dalla quale proveniamo, per le presenti e future generazioni.

Dulcis in fundo, bisogna calarsi nei panni dell’ imputato che “ immaginiamoci che si trovi a dover affrontare un processo a suo carico dove il sig. Pm è convinto di chiedere l’ergastolo e che, urlando” la sua Innocenza, magari sta cercando in ogni modo consentito dall’ordinamento di dimostrare disperatamente la sua professata ed Urlata estraneità, “così tale ideale imputato non trova pace, in specie se per un attimo lo possa sfiorare il minimo dubbio che il giudice non sia TERZO e/o Imparziale e/o distaccato e/o separato, non perché magari non lo sia, bensì perché non lo appare.

Ecco, proviamo a pensare a tale esempio, per calarci nei panni dell’altro, perché in fondo, siamo abituati in una società derivata che pensa egoisticamente, senza empatia. 

Dal mio canto, senza scomodare Memorie Imperiture solo perché non meritano di essere strumentalizzate, indi, convintamente voterò sì al referendum sulla separazione delle carriere, proprio per le brevi assorbenti e decisive qui esplicate considerazioni, con il mio consueto pathos e con le ali indorate della mia coscienza, genuinità, libertà ed indipendenza connessa. Per rafforzare… e non dimenticare…

Appunto, per l’invocata ed augurata nuova alba di primavera dei diritti “inviolabili”.

*Avvocato (stimato penalista), scrittore, intellettuale (coidelogo dell’Academy Rinascita della Giustizia Giusta)

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