Catanzaro: la Città del Vento, di San Vitaliano, del Velluto, del Cavatore, dei ponti (su tutti l’iconico Viadotto Morandi) e dei più “grandi geni” in rapporto al numero complessivo di abitanti. Roba che Cupertino e l’intera Silicon Valley quasi arrossiscono. Adesso, anche sotto il profilo della sismicità che ci riporta a un’atmosfera sinistramente californiana in rapporto alla Faglia di Sant’Andrea. E lo scriviamo, scherzando con il… fuoco, per esorcizzare il potenziale drammatico pericolo incombente, su quell’area e Catanzaro stessa purtroppo. Ma cosa ci induce a scrivere delle fantastiche ricchezze altrui? Un senso di inferiorità? L’invidia? O, al contrario, l’ammirazione nei confronti di questi sbalorditivi e stupefacenti “capitani d’industria?”. No, niente di tutto ciò! Solo lo stridente contrasto tra un tessuto socioeconomico cittadino da Paese arretrato e tante storie invece di… successo imprenditoriale. Che un ormai vecchio giornalista ma aspirante novello scrittore di genere Fantasy, come noi, non può non far emergere, osservando un’impresa locale un po’… misteriosa. Che cresce e prolifera a dismisura “contro natura” in una landa finanziariamente desolata

Storie di successo inspiegabili o, al contrario, spiegabilissime?

Ci sono storie di successo, a Catanzaro, che sembrano  inspiegabili. Soprattutto per il faraonico reddito prodotto. Ma che, a ben guardare con una semplice lente d’ingrandimento, sono invece spiegabilissime. In particolare se rapportate a certe situazioni. Storie, comunque sia, perfette per il nostro… Romanzo criminale. Un’opera, lo ripetiamo ancora, di mera fantasia. Ma che qualche addentellato con la realtà forse forse ce l’ha. Eccome, se ce l’ha! Al di là di tutto, però, i protagonisti del quarto capitolo del nostro “saggio”, appena citato, sembrano usciti dalle vecchie soap americane. Quelle anni Ottanta tipo Dallas o Dynasty, per intenderci. Dove “arrampicate sociali”, soprusi, imbrogli. corna, tradimenti e gossip non mancano assolutamente. Peccato però che, nel capoluogo e dintorni, a differenza del Texas e del Sud-ovest degli States manchi il petrolio (o altri giacimenti di minerali preziosi) per poter sostenere oltre al glamour rampante tutti i lucrosi affari e traffici connessi. E nemmeno si intraveda l’ombra di grandi società d’investimento, che guadagnano miliardi con operazioni finanziarie da montagne di dollari (o di euro, adesso) in stile Wall Street.

La Catanzaro del 2025 non è l’opulenta e sfarzosa America anni ‘80, ma in certi misteriosi casi quantomeno ci si avvicina!

Non importa che la Catanzaro del 2025 non sia l’opulenta e sfarzosa America anni ‘80. Perché nel capoluogo calabro c’è chi ostenta disponibilità di milioni e milioni di euro come fossero noccioline. E non sono pochi. Altro che Dallas e “J Ar”! Questo mentre magari i dipendenti degli stessi magi locali degli affari fanno la spola tra Tribunali e studi legali (sempre riferito a quelli retti da avvocati, non organici alla “paranza”, che li accettano come clienti e li tutelano adeguatamente nelle Aule di Giustizia). Poveri sfortunati, ingenui e onesti, che lottano e si dibattono, talvolta inutilmente come tonni già inesorabilmente finiti nella rete in mezzo a squali assatanati e a caccia pure dell’ultima goccia del loro sangue. E che ciondolano, miserevoli e inascoltati, tra interminabili udienze e tentativi di conciliazione. Atti di fede e di disperazione, più che altro. In modo speranzoso finalizzati, sovente senza esito alcuno, al tentativo di recuperare qualche rimasuglio dei loro ipotetici stipendi. Promessi e poi spariti. Gente, insomma, con l’acqua alla gola (che come ovvio ha tutta la nostra solidarietà e compassione), a cui è toccato di usare come kleenex assegni cabriolet ricevuti in garanzia.

Ma quanto appena detto cosa ci ricorda? Ah sì, certo, ecco cosa…

Gli assegni cabriolet a cui abbiamo appena fatto riferimento ci ricordano qualcosa. Ah sì, ecco cosa. Sono molto simili, ad esempio, a certi articoli di organi di stampa, dal nome famigerato, come Il Prestanome Quotidiano. Incaricato di proporre ai suoi lettori pezzi che, all’occorrenza del vero padrone, appaiono e scompaiono. Un modo per intimidire qualche nemico in prima battuta, all’atto cioè della loro pubblicazione, salvo “blandirlo” poi, al momento della loro rimozione. Perché cosa sarebbe la fiaba della ricchezza e del successo di determinati loschi e chiacchierati personaggi, senza la falsa narrazione di sedicenti giornalisti, asseritamente “duri e puri”, alla Olindo (fittizio editore) e all’autoritaria compagna, di vita e di professione, Rosa? Poco e niente! Sta di fatto, tuttavia, come si mormori che persino gli ineffabili Olindo e Rosa sarebbero già pentiti dell’operazione appena fatta per tornare “belli, freschi e pimpanti” in edicola. Perché hanno capito come si tratti di un’operazione che, alla lunga, non può reggere. E che – “si on è mò, è mò mò”, per dirla con Nonno Saverio – è destinata a finire a… carte 48. Tra molti mesi o una manciata d’anni, poco cambia. Poiché i soldi di cart-one prima o poi finiscono e (ri)cade la maschera! Stavolta forse definitivamente. Ma questa è un’altra storia. Che, per il momento, lascia il tempo che trova.

La Silicon Valley in salsa catanzarese

Torniamo subito alla Silicon Valley in salsa catanzarese. Perché a differenza della costa Sud-Ovest degli Usa è evidente pure agli orbi come alle latitudini della Calabria Centrale non esistano affatto distretti (in perfetto stile californiano) riservati a istituzioni focalizzate sulla tecnologia e collegate all’Università di Stanford di Palo Alto. O, analogamente, centri di ricerca Ames della Nasa per le alte formazioni e specializzazioni di scienziati, inventori e futuri top manager. Ma anche in questo caso, in cima ai Tre Colli, l’ingegno non manca. E quindi, non ci sono le Big Tech e le super Università come Stanford a Ovest (o Harvard, Yale e Columbia, nella Est Coast)? E che problema c’è? Basta creare in provetta, con l’ausilio di mille… impicci e il “lavoro” di devote Teste di Legno, l’imprenditore ufficialmente solidissimo. Ovvero lo stesso… fenomeno da baraccone che per la legge è nullatenente o quasi. O, al massimo, è titolare di un decimo delle aziende che dice di possedere. Ma com’è possibile? Semplice: grazie come appena detto alla collaborazione degli Olindo e Rosa di turno. O, ancor più, di varie famiglie dalle “strane” vite.

Il “miracolo italiano” di certe famiglie del capoluogo

Nel capoluogo vive gente che, con lavori precari e senza un titolo di studio decente, almeno sulla carta possiede immobili di vario genere, altrettante auto (Suv, non utilitarie), moto, case di proprietà in città e in rinomate località di vacanza del territorio, abiti firmati e persino animali domestici dal… blasonato pedigree. Ma com’è possibile? Perché sono persone che lavorano, dalla mattina alla sera, pur restando in casa 21 ore su 24, e soprattutto risparmiano. Persone laboriose e capacissime. Mica fessi come noi e voi, cari amici lettori! Tanto, vero o falso che sia, sono tranquille del fatto che nessuno si incaricherà di praticare il metodo dell’eroe civile Giovanni Falcone definito: “Follow the money”. Vale a dire… seguire il denaro per scoprire facilmente cosa davvero si celi dietro. Perché, si sa, che l’Italia è il Paese del “tengo famiglia”. Una famiglia, in nome di cui però, spesso si commettono le più inenarrabili nefandezze. E lo si fa, per giunta, alla luce del sole. Dal momento che, è noto, come non ci sia miglior modo di nascondere qualcosa di illecito che mostrandola a tutti. Sembra un paradosso, ma è così. In particolare in una Città del Peccato, qual è proprio Catanzaro. Bene, per ora, con il quarto capitolo del nostro ricco (in tutti i sensi del termine) Romanzo criminale la chiudiamo qui. Ma to be continued? Bah, chi lo sa…

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