Articolo tratto da Il Quotidiano del Sud
Tra le persone coinvolte ci sarebbe l’oculista Marco Scicchitano (che sarebbe stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari) che con l’aiuto dell’infermiera e segretaria Annarita Procopio
(arresti domiciliari) e dell’altro infermiere Riccardo Sperlì (arresti domiciliari) aveva messo in piedi una sala operatoria privata, allestita con materiali sottratti, secondo l’accusa, all’azienda ospedaliera nel corso del tempo.
Il sistema, precisano gli inquirenti, per canalizzare le prenotazioni delle visite, l’inserimento in lista per gli interventi, il pagamento in parte tracciato ed in parte contante, il tutto per mantenere in piedi quello che lo stesso GIP ha definito “il sistema Schicchitano”.
Un sistematico riciclo di denaro sporco, derivante da quei pagamenti in contanti, con cui assicurava il pagamento dei collaboratori e l’acquisto dei materiali, con la collaborazione di Maurizio Gigliotti (arresti domiciliari) rappresentante della ditta di dispositivi medici che collaborava l’oculista nel “ripulire” le lenti sottratte presso l’azienda ospedaliera, fatturandole come se le avesse acquistate in privato.
Coinvolti anche il cardiologo Giampiero Maglia (arresti domiciliari) che «aveva creato il suo impero a Pizzo coadiuvato dall’infermiere Antonio Attisani (arresti domiciliari) e dalla collega dottoressa Mafalda Candigliota (arresti domiciliari).
Anche in questo caso, un minuzioso sistema consentiva di dichiarare all’azienda ospedaliera, di aver effettuato 4-5 visite a settimana a fronte delle 50
e più visite che si tenevano in 3 turni settimanali, a seconda della disponibilità del dirigente medico: tutto il ricavato, in tasca occultamente.
E tutto necessariamente con pagamento in contanti, perché il pos era sempre, inesorabilmente rotto: allora i pazienti venivano indirizzati presso il vicino ATM per prelevare, perché era l’unica possibilità».
COINVOLTI ANCHE OCULISTI, GASTROINTEROLOGI E GINECOLOGI
Coinvolto anche l’altro oculista Giuseppe Perri (obbligo di firma) e il ginecologo Antonio Raffaele Billa (destinatario di un sequestro) che, per l’accusa, «intascavano soldi a nero dalle visite effettuate presso i rispettivi studi privati, occultandoli dal versamento nelle casse dell’azienda ospedaliera).
Che svolgeva sistematicamente la sua attività privata, a pagamento, nella giornata del sabato, quando si trovava in servizio presso il reparto, tra un controllo e l’altro dei degenti».
Accuse anche per il gastroenterologo Roberto Iuliano (arresti domiciliari) che «fissava le sue visite a pagamento nel corso dell’ordinaria mattina di lavoro, oppure li riceveva direttamente a casa sua, per una prima visita conoscitiva, alla quale succedeva l’accertamento strumentale in ospedale. Singolare in questo caso, il modo in cui lo specialista induceva i pazienti nella necessità di effettuare il preliminare passaggio a pagamento, per sottrarsi alle tempistiche prolungate del servizio pubblico e per assicurarsi un miglior decorso.
Capitava sovente che lo specialista si recava a casa per effettuare le sue visite private, nel mentre risultasse ancora in servizio presso l’ospedale, ove poi si recava appositamente per beggiare l’uscita, avvenuta già prima».
Nell’indagine rientra anche il personale dell’ufficio ALPI: Rossella Viscomi (arresti domiciliari) veterana dell’ufficio e Debora Lanatà (arresti domiciliari) entrambe sotto la direzione del dirigente l’ufficio, Gino Mancuso (arresti domiciliari) «conoscitore del sistema tanto quanto gli stessi specialisti che ne chiedevano la forzatura e manomissione, ma completamente al servizio dello stesso.
Mai un richiamo all’ordine – scrivono gli inquirenti – mai una nota indirizzata ai piani superiori, mai un cenno a porre freno e/o fine a tutto quanto avvenisse in quell’ufficio».
Riepilogo nomi indagati
Mafalda Candigliota, Giampiero Maglia, Marco Scicchitano, Annarita Procopio, Riccardo Sperlì, Roberto Iuliano, Gino Mancuso, Rossella Viscomi, Maria Teresa Debora Lanatà, Antonio Attisani, Maurizio Gigliotti e Pino Perri.