𝐈𝐨 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐬𝐭𝐮𝐟𝐨, 𝐢𝐧𝐜𝐚𝐳𝐳𝐚𝐭𝐨, 𝐚𝐯𝐯𝐢𝐥𝐢𝐭𝐨 𝐦𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐦𝐢 𝐚𝐫𝐫𝐞𝐧𝐝𝐨. 𝐄 𝐜𝐡𝐢𝐞𝐝𝐨 𝐚 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐢 𝐜𝐚𝐭𝐚𝐧𝐳𝐚𝐫𝐞𝐬𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐛𝐞𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐚𝐢𝐮𝐭𝐚𝐫𝐦𝐢 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐥𝐨𝐭𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐢 𝐭𝐚𝐦𝐚𝐫𝐫𝐢 𝐞 𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐢𝐧𝐪𝐮𝐞𝐧𝐭𝐢
Ogni giorno la nostra comunità si trova a combattere contro piccoli e grandi segni di inciviltà. Parcheggi selvaggi che intralciano la vita di tutti, sacchetti di rifiuti abbandonati agli angoli delle strade, carcasse di automobili lasciate a marcire per anni, allacci abusivi che rubano risorse comuni, muri imbrattati, beni pubblici danneggiati. E, da ultimo, persino la nuova pista ciclabile, pensata come spazio di salute, bellezza e socialità, è stata oggetto di atti vandalici assurdi e ingiustificabili.
Di fronte a tutto questo, l’amministrazione non resta ferma. Puliamo le strade, installiamo foto-trappole, eleviamo sanzioni, interveniamo senza tregua. Ma c’è una verità che dobbiamo avere il coraggio di dirci: nessuna multa, nessuna pattuglia, nessuna telecamera sarà mai sufficiente se non cresce dentro di noi un senso diffuso di rispetto e appartenenza.
Una città non è un luogo da subire, è una casa da custodire. Catanzaro non può diventare terreno di battaglia tra chi costruisce e chi distrugge, tra chi si prende cura e chi abbandona. Non possiamo arrenderci al degrado come se fosse inevitabile. Dobbiamo, invece, riscoprire la bellezza di essere comunità.
È arrivato il momento che i catanzaresi si riapproprino della loro città. Che la considerino bene comune e non spazio anonimo dove tutto è concesso. La pista ciclabile vandalizzata è la ferita più recente, ma potrebbe diventare il simbolo di un riscatto: se ognuno di noi sceglierà di proteggerla, di viverla, di custodirla, essa tornerà ad essere ciò che era stata pensata per essere, un luogo di incontro e di vita.
Non vi chiedo gesti eroici, ma attenzione, rispetto, cura. Vi chiedo di fare vostro il destino della città. Perché Catanzaro sarà più pulita, più sicura, più vivibile solo se ciascuno di noi deciderà di assumersi la responsabilità del bene comune.
Vorrei che insieme imparassimo a guardare la città con occhi nuovi, non più estranei ma partecipi. Come scriveva Italo Calvino, “La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano”. E in quelle linee c’è inciso anche il nostro futuro. Sta a noi scegliere se sarà il futuro del degrado o quello della bellezza condivisa.
