Una città (s)governata! Questa è oggi Catanzaro per colpa di Nicola Fiorita e di chi lo mantiene dov’è. Sinistra e destra, insieme. Ma, per la verità, la città è in completa balia di se stessa da quattro-cinque anni circa. Da quando, cioè, uno stanco Sergio Abramo (stanco di fare il sindaco dopo 20 anni in… sella) ha iniziato a pensare agli sviluppi di carriera. Più nello specifico, tentando di farsi indicare da Forza Italia quale aspirante governatore del centrodestra all’alba del terzo decennio del 2000. Prima cercando di fare le scarpe all’ex amico e collega di Cosenza Mario Occhiuto (fratello di Roberto che di fatto lo surrogò alla fine della fiera divenendo egli governatore). E poi persino provando a scavalcare lo stesso Roberto. Ma con strategie, per lo più, politicamente disperate. E del tutto infruttuose, come ovvio! Risultato? Abramo out. Dal Comune del capoluogo e da tutto il resto.
Il tempo di Fiorita sindaco è già scaduto, forse mai iniziato. Ma lui “rilancia” facendosi un sacco di pubblicità per andare a Roma
Se “El Sergìun” ci ha messo 20 anni a non volerne più sapere del De Nobili, Fiorita ci ha messo 20 minuti. Fuor di battuta: 20 giorni al massimo. Quando ha cioè capito come la “festa appena cominciata, fosse già finita!”. Che tradotto significa: “La sua esperienza da sindaco più di essersi molto prematuramente esaurita, ai primi vagiti, neppure è iniziata”. Soffocata in culla dai diktat di una maggioranza non sua, che rende l’espletamento del mandato di Nick a tratti farsesco. Un’esperienza in sostanza ‘contaminata’ dalla logica della mediazione e del compromesso a oltranza. Perché di fatto con il pallino in mano a un Antonello Talerico, che in nome di un determinante appoggio in Consiglio, tratta Nick da praticante di studio. Imponendogli, o quantomeno orientando, fin dal primo minuto della consiliatura (non a caso definita “dell’anatra zoppa” per via del sindaco di minoranza) ogni scelta chiave dell’Amministrazione in carica. Al netto di qualche bandierina propagandistica, piazzata qua e là, e di nomine e prebende che non interessano all’area talerichiana. E quindi lasciate al ‘povero’ Fiorita, affinché accontenti propri fiduciari e aventi causa, quasi per far vedere che… c’è davvero.
Fiorita ormai disinteressato alla città come Abramo dal 2019 in poi
Una prospettiva abbastanza grama, quella vissuta da Fiorita al vertice del De Nobili e da noi per sommi capi descritta. Che ha spinto lo scaltro sindaco a cambiare subito gioco per continuare a esistere dopo il descritto naufragio in… porto. O anche sul porto. Di Catanzaro. Ma non vogliamo qui infierire, aprendo pure quest’argomento. Perché i fatti narrati sono già più che emblematici. Sarà, anzi è, per tale motivo che Nick prima ha dato corso all’inutile bagarre mediatica No Ponte, poi virando sulla più attuale e politicamente redditizia ‘rivolta’ Antiautonomia. Che Fiorita, per quanto gli è possibile, cerca di intestarsi per uscire dall’anonimato catanzarese. E dall’impossibilità di far carriera con la pochezza amministrativa che ha denotato fin dal primo istante.
E probabilmente risaputa anche prima. Considerato come non avesse gestito neppure un condominio, non essendo mai uscito da un recinto dorato fatto di privilegi e agi per via della sua storia familiare. Che forse non gli ha consentito di affrontare i veri problemi della vita, e del lavoro, così da formarsi un determinato bagaglio. Quello che Abramo, pur altrettanto agiato, si era invece formato, ad esempio lavorando sodo in azienda. Seppur di famiglia, certo. In sostanza, dunque, per Nick allora meglio fare.. ammuina su tutto. Modo rapido e… indolore per farsi conoscere.
E probabilmente per ingraziarsi sempre più i vertici nazionali di Si (o Avs, che dir si voglia), facendo bella figura con un importante figura di riferimento come Mimmo Lucano in modo da avere un posto blindato in lista per il Parlamento nel 2027. Proposito che con il c..o (la fortuna!) da cui è accompagnato potrebbe anche riuscire! Ma se non sarà così, a Nick toccherà seguire proprio Abramo anche nel limbo degli ex. Scenario che noi peraltro ci auguriamo, perché ne guadagnerebbe la buona politica.