So che il mio parere conti, e possa contare poco o nulla.

Questa tornata – campagna, è un termine a me sacro, e non ne faccio abuso –  elettorale, però, non mi è piaciuta.

Borghi, aree interne, restare.

Troppe volte si è fatto ricorso a termini suggestivi – che rischiano di  diventare forme nuove di stereotipi  – per emozionare in un dibattito monocorde, avvinghiato in prevalenza alla vexata e dolorosa quaestio della sanità.

I riferimenti sul piano personale mi sono apparsi, poi, del tutto fuori luogo.

O fini a se stessi.

Come gli inciampi geografici e la loro sottolineatura.

Non penso possano avere alcun effetto se non motivare chi, come me, si sforza di conoscere la nostra terra non dai titoli ma dal di dentro.

La Calabria ha bisogno di tutto ciò?

Credo no.

Ha bisogno di segni concreti.

Pochi ma veri.

Chiunque vinca nomini, allora, persone lontane dalle orbite politiche e dai loro schemi.

Nomini qualcuno di quei ragazzi – eccellenti e liberi – a cui si chiede di tornare.

E qualche vecchio che, seduto su una sedia di paglia, sappia indicare il verso del restare, mostrando solo i calli delle sue dita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *