Fonte Carabinieri
Nei giorni scorsi, a Catanzaro, i Carabinieri del Nucleo Investigativo hanno dato esecuzione a due provvedimenti di ripristino della misura cautelare in carcere, emessi dal locale Tribunale del Riesame, nei confronti di due soggetti ritenuti responsabili di “associazione di tipo mafioso”, nonché di “estorsione” e “lesioni personali”, aggravati dal metodo mafioso.
I due erano stati già arrestati il 27 febbraio scorso unitamente ad altre ventuno persone, a vario titolo gravemente indiziate di “associazione di tipo mafioso”, “estorsione”, “rapina”, “usura”, “lesioni personali”, “truffa”, “associazione per delinquere” “autoriciclaggio” e “trasferimento fraudolento di valori”, reati anche aggravati dalle finalità e/o modalità mafiose.
Nei loro confronti, il Tribunale del Riesame aveva parzialmente riformato il provvedimento cautelare, ritenendo la carenza della gravità indiziaria di reità relativamente alle ipotesi delittuose dell’associazione di tipo mafioso ed all’aggravante delle cd. modalità mafiose.
Contro tale provvedimento, la Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia ha proposto ricorso per cassazione: la Suprema Corte, nel luglio scorso, ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame.
Il Tribunale del Riesame, in sede di rinvio, ha confermato l’originaria ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari rispetto tanto alla contestazione relativa all’appartenenza all’associazione mafiosa, localmente denominata “Clan di Gagliano”, quanto all’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso, disponendo quindi la custodia cautelare in carcere.
Medesima sorte era toccata, alla fine di settembre, ad altro indagato: pure raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere siccome ritenuto gravemente indiziato di appartenere al medesimo sodalizio di tipo mafioso, veniva scarcerato in ragione dell’intervenuto annullamento del provvedimento restrittivo da parte del Tribunale del Riesame.
Anche in quell’occasione, la Procura Distrettuale ha proposto
ricorso alla Suprema Corte che, accogliendolo, ha rinviato al Tribunale Distrettuale del riesame per una nuova pronuncia e, conseguentemente, è stata ripristinata l’originaria misura cautelare in carcere.
La complessa attività investigativa, condotta con la direzione e il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro e delegata ai Carabinieri del Comando Provinciale, aveva riguardato un arco temporale ampio ed era stata sviluppata prevalentemente attraverso complesse intercettazioni e attività di riscontro sul campo.
Che avevano permesso di delineare (nella fase delle indagini preliminari che, si ricorda, necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) la gravità indiziaria circa l’operatività, fin dal 2014, della storica compagine del clan c.d. dei “Gaglianesi” attivo nel capoluogo.
E dedito a una pluralità di reati contro il patrimonio e la persona, sotto l’influenza delle locali di ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto e di San Leonardo di Cutro (KR), nonché i collegamenti dello stesso con altre cosche calabresi. Il procedimento pende in fase investigativa e la ricostruzione degli accadimenti penalmente rilevanti sin qui effettuata è limitata al profilo cautelare, con salvezza di ogni deduzione difensiva, acquisita nel contradditorio delle parti.
I provvedimenti adottati in fase investigativa e/o dibattimentale non implicano alcuna responsabilità dei soggetti sottoposti ad indagini ovvero imputati e che le informazioni sul procedimento penale in corso sono fornite in modo da chiarire la fase in cui il procedimento pende e da assicurare, in ogni caso, il diritto della persona sottoposta ad indagini e dell’imputato a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili.