Riceviamo e pubblichiamo
Una riflessione profonda e appassionata sulla politica italiana degli anni ’70 e sulla figura di Enrico Berlinguer. Il regista Andrea Segre ha saputo affascinare e interessare il pubblico del Teatro Comunale di Catanzaro in platea per assistere al film Berlinguer – La grande ambizione,
L’evento è stato fortemente voluto anche dai dirigenti locali del Partito Democratico, molti dei quali erano presenti in sala
La pellicola si concentra sugli anni cruciali della vita politica di Berlinguer, dal tramonto dell’ideologia di Salvador Allende al drammatico attentato che lo colpisce in Bulgaria, passando per le sue sfide politiche e personali. Segre non si limita a raccontare un biopic, ma esplora la “democrazia zoppa e bloccata” dell’epoca, una democrazia che ancora oggi presenta le stesse sfide e le stesse domande irrisolte.
La storia non si ferma alla figura di Berlinguer, ma offre un affresco della Sinistra italiana, dei suoi limiti, dei suoi conflitti e delle sue difficoltà nel rispondere alle sfide del capitalismo mondiale e alle influenze straniere. Berlinguer – La grande ambizione è un film che interroga il presente e il passato, portando il pubblico a riflettere sulle dinamiche politiche e sociali attuali. Il successo del film, che ha raccolto un’ampia partecipazione di generazioni diverse, conferma quanto sia viva la voglia di comprendere la nostra storia e di trarne insegnamenti per il futuro.
Durante la serata, Segre ha spiegato la sua motivazione principale per aver realizzato il film, ovvero la volontà di raccontare un pezzo di storia italiana che non era mai stato raccontato nel cinema di finzione. La sua ricerca è stata spinta anche dal desiderio di interrogarsi su cosa sia successo oggi, nel rapporto tra società e politica. Il regista ha parlato della fatica emotiva che ha vissuto durante la realizzazione del film, ma anche dell’emozione più grande che ha provato: quella di vedere un gruppo di persone unite in un progetto comune, proprio come accadeva nei movimenti politici degli anni ’70.
“L’idea del film nasce dalla voglia di raccontare un pezzo di paese, un pezzo di popolo italiano e un pezzo di storia che non era mai stato al centro di un film del cinema di finzione – ha spiegato Segre -. Sia la figura di Berlinguer che il PCI non erano mai stati raccontati nel cinema di finzione. Ma il motivo che davvero mi ha trascinato per questi quattro anni di fatica è stato che studiando quel mondo e quella persona, ho capito che c’era dentro il materiale per poterci interrogare su cosa è successo oggi, sul rapporto tra società e politica e tra comunità e collettività.
Vedere quella comunità così grande di persone che si sono attivate, nel bene e nel male, ma dentro un progetto comune, era anche un modo per interrogarci su come stiamo oggi. E questa era la mia speranza: il successo del film e la grande partecipazione di tante generazioni diverse al film. Credo che abbia intercettato questa urgenza, questa esigenza, e credo che questa sia un po’ l’emozione più grande del film, sia in distribuzione che durante le riprese”.
Il regista si è soffermato anche sulla scelta di affidare a Elio Germano il ruolo di Berlinguer: “Nessun altro poteva fare Berlinguer. Ero talmente convinto che fosse necessario che fosse davvero Elio e non venisse trasformato in Enrico, per cui nessuna maschera. Tu vedi la faccia di Elio ed è Elio che racconta. Segui la sua forza interpretativa, non solo la mimesi di Enrico, ma proprio il condurre lo spettatore, tutti noi, a pensare le cose che succedono. Quindi, non ti chiedi più se assomigli o no ad Enrico, non stai a guardare se raffigura bene Enrico, ma sei condotto al pensiero, all’interrogarti su cosa succede, a sentire le emozioni, a sentire le paure, a sentire i silenzi”.
La chiacchierata con il regista condotta dal direttore artistico del Teatro Comunale, Francesco Passafaro, si è arricchita di spunti e di domande del pubblico che si è lasciato condurre per le vie della storia tracciata da Segre.