Possibile, nella sede dell’Archivio di Stato di Catanzaro, la consultazione di tutti i faldoni, convertiti in formato digitale, relativi al processo sulla cosiddetta strage di Piazza Fontana del 12 dicembre del 1969 (con quasi 20 morti e 90 feriti nella sede della Banca dell’Agricoltura) di cui parleremo a breve.
Ma non ci saranno solo i documenti dell’eccidio che, almeno per convenzione, aprì la strategia della tensione e gli più buie (di piombo) dell’Italia repubblicana) bensì pure quelli sulla strage di Bologna e di Ustica.
Una breve descrizione della mattanza di Piazza Fontana
Attorno alle 16.30 di venerdì 12 dicembre 1969, un ordigno di elevata potenza esplose nel salone centrale della Banca nazionale dell’Agricoltura di Milano, in piazza Fontana, dove coltivatori diretti e imprenditori agricoli erano convenuti dalla provincia per il mercato settimanale. Il pavimento del salone fu squarciato e gli effetti furono devastanti. La bomba uccise diciassette persone e altre novanta circa furono ferite.
Qualche minuto prima della esplosione, un altro ordigno venne rinvenuto, inesploso, nella sede della Banca commerciale di piazza della Scala, sempre a Milano.
Tra le 16.55 e le 17.30, a Roma, si verificarono altre tre esplosioni: una, all’interno della Banca nazionale del Lavoro di via San Basilio; altre due, sull’Altare della Patria di piazza Venezia. Questi attentati provocarono feriti e danni.
I cinque attentati del pomeriggio del 12 dicembre 1969 segnarono l’inizio di quel periodo della vita del Paese che va sotto il nome di strategia della tensione.
Per la sua gravità e la sua rilevanza politica, la Strage di piazza Fontana divenne il momento più alto di un progetto eversivo preparato attraverso gli altri attentati di quello stesso anno e diretto – come emerge dalle sentenze – a utilizzare il disordine e la paura per sbocchi di tipo autoritario oppure per una stabilizzazione neocentrista.
Sono stati accertati «accordi collusivi con apparati istituzionali», come è scritto nella relazione della Commissione Stragi.
Dopo aver inizialmente imboccato la “pista anarchica”, le indagini si concentrarono su alcuni esponenti del gruppo padovano facente capo al terrorista nero Franco Freda e all’organizzazione di estrema destra Ordine nuovo, e coinvolsero esponenti di spicco dei Servizi segreti.
Il lungo e tormentato iter processuale, che consta di tre processi, si è concluso nel 2005 con assoluzioni complessive, ma certificando che la strage è attribuibile all’organizzazione eversiva di estrema destra Ordine nuovo. Restano confermate in via definitiva le condanne per condotte finalizzate al depistaggio di due ufficiali del SID e il coinvolgimento dell’esperto di armi di Ordine nuovo Carlo Digilio (reo confesso e collaboratore di giustizia).
L’ultimo processo, inoltre, ritiene dimostrato, sotto il profilo storico, il coinvolgimento nella strage dei terroristi neri Franco Freda e Giovanni Ventura (non più processabili perché già assolti in via definitiva nel primo processo).