Articolo tratto da Il Fatto Quotidiano
Gli addetti alle pulizie non hanno ancora finito di rassettare quando, con passo lesto, Antonio Tajani fa il suo ingresso in Transatlantico perché l’ora quasi antelucana è proibitiva ma in fondo c’è in gioco la Calabria, mica noccioline. Tanto è vero che le truppe cammellate azzurre si affollano al suo cospetto per dire presente!
E del resto la sostituzione alla Camera dei Deputati di Elisa Scutellà (M5s) a favore di Andrea Gentile (Fi), decisa dall’attuale maggioranza dopo il riconteggio dei voti in un collegio calabrese, dimostra per l’ennesima volta la validità del detto di Giovanni Giolitti “Per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano”, applicato più volte dal Parlamento, senza distinzione di colore politico.
Ciò è dimostrato dalla storia delle elezioni in Italia e dai diversi modi di decodificare in maniera diversa i voti decisi dalla popolazione, con il risultato di modificare la composizione dell’organismo legislativo.
Si può ricordare ad esempio il caso delle elezioni politiche del 2001. Nel collegio uninominale di Mesagne (provincia di Brindisi) al termine del voto risultò eletto alla Camera Luciano Mario Sardelli (Casa delle Libertà – centrodestra), con uno scarto di appena 158 voti rispetto a Cosimo Faggiano (Ulivo – centrosinistra).
Una simile differenza si era generata per un semplice errore materiale da parte di un presidente di sezione del comune di Latiano, che nel verbale di riconteggio dei suffragi, aveva in pratica invertito i voti tra i due candidati, assegnando al candidato del centrodestra 389 voti, anziché i 300 effettivamente ottenuti. Questo semplice errore di trascrizione nei verbali, portò alla proclamazione di Sardelli, contro cui si oppose Faggiano.
Quest’ultimo riuscì a dimostrare, attraverso i necessari ricorsi al Tar le sue ragioni, ma ridiventò deputato soltanto a pochi mesi dalla fine della legislatura 2001/2006, nonostante il tribunale gli avesse dato ragione già nel novembre 2002. In quegli anni la giunta delle elezioni a maggioranza di centrodestra si guardò bene di togliere un seggio alla propria coalizione, nonostante le pronunce giuridiche, rinviando la decisione in pratica per tutta la durata della legislatura.
Dalla frase giolittiana prima richiamata, non è immune nemmeno il centrosinistra. A dimostrazione di ciò si possono considerare i casi delle elezioni politiche del 1994. In quell’occasione nel collegio di Lamezia Terme (circoscrizione Calabria) venne proclamato eletto Italo Reale dei Progressisti, con uno scarto di 420 voti rispetto a Giuseppe Galati del Polo delle Libertà e nel collegio di Bitonto (circoscrizione Puglia) Nichi Vendola sempre dei Progressisti, riuscì a prevalere su Felice Trotta del centrodestra con uno scarto di poco meno di 300 voti.
I due candidati del centrodestra riuscirono a dimostrare le loro ragioni, e la Giunta delle Elezioni a maggioranza di centrodestra alla fine dell’anno 1994, sottopose all’assemblea di Montecitorio, una proposta di annullamento delle elezioni. La Camera però all’inizio del 1995 respinse la proposta, perché nel frattempo era mutata la maggioranza (caduta del primo governo Berlusconi e creazione del Governo Dini) e quindi l’aula convalidò le elezioni dei candidati progressisti che avevano ottenuto meno voti dei loro diretti antagonisti.
In conclusione non bisogna tanto meravigliarsi della decisione della Camera a favore di Gentile, rientra in pieno in quella frase di Giolitti che per tanti (anche gente comune) rappresenta un valido insegnamento.