Solito tentativo, sempre più… maldestro e grossolano ormai, dell’ideatore del carrozzone da reparto geriatrico, meglio noto come Mgff, di accattivarsi le simpatie dei catanzaresi (e non solo) a cui il suddetto ambaradan costa annualmente un botto di soldi pubblici tra la rabbia, talvolta persino l’indignazione, popolare (i social ne sono pieni). Ma la gente comune è purtroppo impotente rispetto a chi nei piani alti di certi Palazzi salvaguarda, imperterrito e interessato, tutto il cucuzzaro. Lo scaltro patron intanto non demorde.
Del resto la posta in gioco, unicamente per lui, è negli anni ‘milionaria’ e quindi ci mancherebbe altro che mollasse. Folle persino pensarlo! Tanto che il suo solipsistico atteggiamento (porre a metro delle azioni il proprio interesse personale. Glielo spieghiamo perché lui legge poco, facendo per lo più soldi: bravo) ci ricorda una vecchia canzone dello stadio Ceravolo. Da noi riadattata per l’occasione, che ci viene in mente ogni qualvolta, pateticamente, il Nostro fa la stessa… sparata.
Annuncia cioè di voler portare via da Catanzaro il Magna. Abitudine dismessa dopo aver constatato la speranza e l’esultanza dei catanzaresi alla sola idea. Ma che gli vale appunto la canzoncina: “Furbo patron ma quando te ne vai, lo dici sempre e poi non lo fai mai… ma quando ca@@o te ne vai?”. Ma, si sa, che non lo vuole nessuno per un negativissimo saldo costi-ricavi tranne che per l’organizzatore. Basta ricordarsi, in proposito, del Tropea FF, in pratica morto in… culla.
E dove andrebbe, del resto, il patron a portare i benefici del… riassuntino della Rai?
E dove va, del resto, il patron? Dove la trova, infatti, un’altra Mecca simile a due passi dal paesello natio. Che dal canto suo lo ha cacciato, unitamente a Soverato. E allora via all’operazione simpatia con Platini, Le Iene e Report e qualche… pensionato, negli anni ‘90 però al top. Fino al “riassuntino” mandato in onda dalla Rai. Ma… fuori tempo massimo e all’orario dei filmini sconci con un’audience da film estivo alla “Sapore di Mare” o “Acapulco, prima spiaggia a sinistra”, trasmessi da una Tv a diffusione provinciale. Senza contare la tragicomica realtà di congiunti di collaboratori dell’organizzatore del Festival ‘costretti’ a commentare positivamente nelle pagine dei siti locali su cui le cose della kermesse trovano sempre ampio spazio. Seppur rigorosamente a pagamento. Una dimostrazione di debolezza. Quasi che il Nostro legga noi o almeno Iacchitè, ai quali non può dare soldi per sponsorizzazioni (anche perché a noi ne ha peraltro turlupinati un bel po’ in passato). E tenta di mostrare i muscoli, splendente e autorevole, agli occhi di una città che però ormai lo ha invece implacabilmente e impietosamente identificato ed etichettato. E per quello che in realtà è. Uno che prende tanto, lasciando poco o niente. Inutile dunque… barare!
La differenza con le Altre manifestazioni
Mgff: ‘profitto’ per Catanzaro zero o quasi. A differenza, viceversa, di una manifestazione sul food svoltasi nel ‘porto’ di Lido. In modo beffardo per Catanzaro e catanzaresi, tenutasi pressoché nello stesso posto dove va in scena la rituale Sagra dedicata ad attempati personaggi dello star system. Che in base alle presenze e all’oggettivo indotto generato, ad esempio, perde 6-0 6-0. Ma tant’è… . Eppure l’evento del food, rispetto, al Magna ha molti meno soldi sebbene registri numeri record senza inoltre pagare e blandire giornali e giornalisti. Ma tant’è…
Il documentario Sky sui Bronzi di Riace
Voltiamo pagina e passiamo al bello. Quello vero! In questo caso del piccolo schermo, parlando succintamente di Semidei. Il docufilm Sky dedicato al ritrovamento dei Bronzi di Riace. Un capolavoro che inizia con le immagini di un autentico genio del capoluogo e dintorni: Vittorio De Seta (ottimo a riguardo l’omaggio nei suoi confronti della Cineteca della Calabria). Un regista compianto come anche Mario Foglietti perché entrambi propugnatori di cultura reale e non di… macchine da soldi, a proprio uso e consumo, protette dalla politica e dal potere di cui sono, in parte quantomeno, al completo servizio.
Semidei invece è un lavoro che manda un messaggio preciso: “In una terra dimenticata da Dio, un giorno (il 16 agosto del 1972, ndr) arrivarono gli Dei”. I Bronzi di Riace, appunto, che persino un mito come Sandro Pertini voleva al Quirinale, ma riuscendo a ottenerli per soli 15 giorni, per giunta dopo un complicatissimo restauro durato 6 anni a Firenze. Perché “i Bronzi dal respiro umano”, come vennero definiti allora, furono reclamati a spada tratta a fine anni Settanta da un’assessora regionale alla Cultura (una donna nella Calabria di 45 anni fa) quale Ermanna Carci Greco.
Che oltretutto ebbe come secondo marito il già ministro e segretario Psi Giacomo Mancini. Un’assessora che lottò anche con il supporto dei Comuni della Costa Ionica costituitisi, curiosamente, in un’apposita Lega. Come scrisse su Il Messaggero l’inviato speciale Leonardo Gorra, padre dell’attuale caporedattore centrale Marco.
La storia dei Bronzi intimamente connessa a quella della Calabria
Comunque sia, se come premesso persino il Presidente Pertini ebbe i Bronzi per una manciata di giorni nel ‘suo’ Quirinale’ nel 1980, Los Angeles per le Olimpiadi del 1984, neppure li vide da lontano malgrado pressanti richieste politiche. Sempre per la fiera opposizione dei calabresi. Che dal 3 agosto ‘81 li (ri)ebbero a… casa loro. Esposti, cioè, nel Museo di Reggio. Ma chi li trovò nelle acque dello Ionio 52 anni fa? Secondo i Tribunali, l’appassionato di immersioni romano Stefano Mariottini nell’ultimo giorno di ferie da un amico in Calabria. A Monasterace, per l’esattezza. E a dimostrarlo, per la legge italiana, la vittoria di tutte le cause svoltesi in merito e l’ottenimento anche di una ricompensa di ben 125 milioni di vecchie lire per la sensazionale scoperta.
A intentargli le appena citate cause, però, furono quattro ragazzini di Riace: Peppe Sgrò, Cosimo Alì, il fratello di quest’ultimo Tonino e Mimmo Campagna. Ma Mariottini aveva dalla sua una prova regina, avendo ‘registrato’ la scoperta alla caserma della Guardia di Finanza alle 9.30 del 17 agosto ‘72, il giorno dopo il ritrovamento forse opportunamente consigliato da qualcuno, a fronte dello stesso atto compiuto dai fratelli Alì e compagni che lo fecero alle 12.30 successive. Ergo… . Solo per la gente del paesino calabro la scoperta fu tuttavia dei loro ragazzi così come, per leggenda locale, “Bronzo A” e “Bronzo B” sono stati inviati dai protettori di Riace: i Santi Cosmo e Damiano.
Al di là di tutto, nel docufilm Sky si parla anche dell’opera determinante dell’allora giovane ma brillantissimo e appassionato restauratore dei Bronzi Nuccio Schepis. E, ahinoi, pure del loro ‘deperimento attuale’ dopo aver resistito oltre 1.500 anni sul fondo del mare. Però si parla anche dei moti di Reggio della ‘ndrangheta e dei poteri occulti dell’area calabrese dello Stretto di allora e del nostro collega sotto scorta da anni, per aver scritto di vicende di mafia intrecciate anche con quel periodo oscuro, Michele Albanese. Ma questa è un’altra storia della terra di Calabria.