Quando mister Paulo Fonseca pareggiava e perdeva con il Milan, a inizio campionato e all’esordio in Champions, lo abbiamo accostato a Fabio Caserta per la conferma dello scetticismo (eufemismo!), diciamo così, dei rispettivi tifosi all’annuncio del loro arrivo. Ma al di là di serie, livelli, categorie e peso specifico di differenza, tra i due tecnici e le realtà in cui operano c’era, e c’è, anche un’altra diversità. Fondamentale e abissale. Il tecnico portoghese se la vuol giocare sempre a modo suo, propositivo e spregiudicato, con una ‘filosofia tattica’… eccessiva per le potenzialità (leggasi anche velocità) del calcio italiano. 

Dove non si corre abbastanza, forse, per richiedere più costruzione dal basso e maggior possesso palla di quanto ad esempio già non facesse il “giochista” Stefano Pioli. Discorso opposto per Caserta. Il quale, certo, ha il suo modulo mentre tutti i supporter giallorossi vorrebbero che adattasse alla squadra un più prudente 4-4-2. Ma il problema è un altro. E cioè che, al di là degli schemi e dei dettami tattici, il tecnico delle Aquile con i pari di Cittadella e Salerno soprattutto (sulla carta nient’affatto disprezzabile in casa di due dirette concorrenti per quanto vale la classifica oggi, ovvero a fine settembre) ha dimostrato qualcosa di… preoccupante. Vale a dire, l’atteggiamento in campo del Catanzaro. Rilassato, o meglio rinunciatario, o meglio ancora remissivo. Un comportamento che non solo infastidisce e deprime i tifosi quanto preoccupa “esperti” e “addetti ai lavori”. 

I quali giudicano il tipo, e soprattutto il livello, di prestazioni proposto in linea con una stagione di enorme sofferenza per mantenere la categoria. Magari è ancora presto, però. E Caserta risorge, ma non nel derby con il Cosenza come Fonseca. Perché è in programma a Santo Stefano. Mentre le Aquile dovranno cambiare passo, e nettamente, molto prima. Anzi, subito. Già a partire da domenica prossima contro il Modena. E, importanza del risultato a parte, sì spera anche con una performance che non obblighi i tifosi a bere tre caffè, minimo, per non crollare addormentati sotto il peso della noia. Come l’odierna, “mortale”, monotonia. 

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