Un forte incentivo, e quindi uno stimolo, a fare sempre di più e meglio, anche in Calabria, quello venuto oggi da Uncem. Che, come sempre, fa appello all'unità, anche sulla scorta delle parole pronunciate dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi una manciata di giorni orsono a Catanzaro. Perché uno dei motti dell'ente è proprio, giocando un po’ con le parole, “l’Unione fa la forza!”. Ecco il motivo per cui, ad esempio, spiace ascoltare una voce autorevole del Governo dire sulle Green communities: "La Calabria è l’unica regione d’Italia a non avere un referente”. E qualche secondo dopo sentirgli rincarare la dose sull'Unione dei Comuni montani così: “La Calabria figura ahinoi nel ristretto gruppetto di chi non ha una legge ad hoc”. Ma questo non è completamente esatto, perché ce l’avrebbe pure una normativa in materia. Sebbene ancora soltanto in forma di proposta addirittura con la doppia firma del presidente del consiglio Filippo Mancuso e dell’assessore al ramo Gianluca Gallo. Peccato, però, che sia in giacenza da oltre 18 mesi, malgrado le garbate ma incessanti sollecitazioni affinché sia finalmente varata del presidente regionale dell’Uncem Vincenzo Mazzei.  Che tuttavia attende qualche proposta, e la fattiva collaborazione sul punto, anche della minoranza. Perché lo stesso Mazzei è come noto attivamente impegnato su questo fronte da molto tempo e stamani ha preso parte al convegno di Martirano Lombardo (ai confini tra le province di Catanzaro e Cosenza nell’area del Reventino-Savuto), indetto proprio dalla ‘sua’ Unione alla presenza fra gli altri del presidente nazionale Marco Bussone e, collegato in streaming da Roma, del dg del dipartimento Affari regionali e responsabile del progetto Italiae alla presidenza del Consiglio dei Ministri Giovanni Vetritto che ha come premesso bacchettato la regione. Tema sviscerato nell’occasione, manco a dirlo, “l’organizzazione istituzionale di Comuni che lavorano insieme per affrontare le crisi demografica climatica e socioeconomica”. Ma al di là del titolo della tavola rotonda, nella discussione animata da sindaci quali la presidente dell’Anci Calabria Rosaria Succurro con molti suoi colleghi accanto e da imprenditori di valore è emerso in estrema sintesi che il futuro non può non essere l’aggregazione dei piccoli Comuni (unico modo, peraltro, per evitare la fusione o peggio l’estinzione di tante realtà locali). Perché malgrado si viva nel Paese dei mille campanili e peggio ancora degli altrettanti campanilismi, ancor più in una regione come la Calabria, è “impensabile restare ancorati ai confini geografici immaginati, e disegnati, nel 1865” per dirla con Vetritto.  O “credere di poter superare ogni problema con la manna dei soldi del Pnrr (circa 192 miliardi di euro nel complesso, ndr), che peraltro sono già finiti” per mutuare un concetto di Bussone. Il tempo è infatti scaduto. E la parola d’ordine, ormai da anni se non decenni, è: “Sostenibilità”. Che per chi abita in cittadine con poche migliaia, talvolta poche centinaia, di abitanti dovrebbe essere un imperativo categorico. Concetto che invece alle latitudini calabresi si fa enorme fatica a metabolizzare. Dal momento che magari si pensa ancora di tenere aperte scuole con una decina scarsa di iscritti o un proprio mini-comando di vigili urbani e così via. E la politica locale dà tutta l’impressione di voler assecondare tale inconcepibile tendenza. Basti pensare che la Calabria, proprio per la sua disorganizzazione e ‘frammentazione’ a vari livelli istituzionali, regolarmente perde o non riesce a spendere preziosi finanziamenti statali e comunitari. Come, ad esempio, proprio il Fondo sulla Montagna. Come rivelato, sempre da Vetritto,  il quale parla di "un Fondo che pur percepito dalla Regione per le annualità ‘22 e ‘23, già corrisposte, e invece a breve da ottenere per il 2024, tra poco in pagamento, non è ancora stato speso”. Un grande motivo di rammarico per una realtà territoriale che avrebbe bisogno sì di risorse ma soprattutto di efficaci investimenti. Un forte incentivo, e quindi uno stimolo, a fare sempre di più e meglio, anche in Calabria, quello venuto oggi da Uncem. Che, come sempre, fa appello all'unità, anche sulla scorta delle parole pronunciate dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi una manciata di giorni orsono a Catanzaro. Perché uno dei motti dell'ente è proprio, giocando un po’ con le parole, “l’Unione fa la forza!”. Ecco il motivo per cui, ad esempio, spiace ascoltare una voce autorevole del Governo dire sulle Green communities: "La Calabria è l’unica regione d’Italia a non avere un referente”. E qualche secondo dopo sentirgli rincarare la dose sull'Unione dei Comuni montani così: “La Calabria figura ahinoi nel ristretto gruppetto di chi non ha una legge ad hoc”. Ma questo non è completamente esatto, perché ce l’avrebbe pure una normativa in materia. Sebbene ancora soltanto in forma di proposta addirittura con la doppia firma del presidente del consiglio Filippo Mancuso e dell’assessore al ramo Gianluca Gallo. Peccato, però, che sia in giacenza da oltre 18 mesi, malgrado le garbate ma incessanti sollecitazioni affinché sia finalmente varata del presidente regionale dell’Uncem Vincenzo Mazzei.  Che tuttavia attende qualche proposta, e la fattiva collaborazione sul punto, anche della minoranza. Perché lo stesso Mazzei è come noto attivamente impegnato su questo fronte da molto tempo e stamani ha preso parte al convegno di Martirano Lombardo (ai confini tra le province di Catanzaro e Cosenza nell’area del Reventino-Savuto), indetto proprio dalla ‘sua’ Unione alla presenza fra gli altri del presidente nazionale Marco Bussone e, collegato in streaming da Roma, del dg del dipartimento Affari regionali e responsabile del progetto Italiae alla presidenza del Consiglio dei Ministri Giovanni Vetritto che ha come premesso bacchettato la regione. Tema sviscerato nell’occasione, manco a dirlo, “l’organizzazione istituzionale di Comuni che lavorano insieme per affrontare le crisi demografica climatica e socioeconomica”. Ma al di là del titolo della tavola rotonda, nella discussione animata da sindaci quali la presidente dell’Anci Calabria Rosaria Succurro con molti suoi colleghi accanto e da imprenditori di valore è emerso in estrema sintesi che il futuro non può non essere l’aggregazione dei piccoli Comuni (unico modo, peraltro, per evitare la fusione o peggio l’estinzione di tante realtà locali). Perché malgrado si viva nel Paese dei mille campanili e peggio ancora degli altrettanti campanilismi, ancor più in una regione come la Calabria, è “impensabile restare ancorati ai confini geografici immaginati, e disegnati, nel 1865” per dirla con Vetritto.  O “credere di poter superare ogni problema con la manna dei soldi del Pnrr (circa 192 miliardi di euro nel complesso, ndr), che peraltro sono già finiti” per mutuare un concetto di Bussone. Il tempo è infatti scaduto. E la parola d’ordine, ormai da anni se non decenni, è: “Sostenibilità”. Che per chi abita in cittadine con poche migliaia, talvolta poche centinaia, di abitanti dovrebbe essere un imperativo categorico. Concetto che invece alle latitudini calabresi si fa enorme fatica a metabolizzare. Dal momento che magari si pensa ancora di tenere aperte scuole con una decina scarsa di iscritti o un proprio mini-comando di vigili urbani e così via. E la politica locale dà tutta l’impressione di voler assecondare tale inconcepibile tendenza. Basti pensare che la Calabria, proprio per la sua disorganizzazione e ‘frammentazione’ a vari livelli istituzionali, regolarmente perde o non riesce a spendere preziosi finanziamenti statali e comunitari. Come, ad esempio, proprio il Fondo sulla Montagna. Come rivelato, sempre da Vetritto,  il quale parla di "un Fondo che pur percepito dalla Regione per le annualità ‘22 e ‘23, già corrisposte, e invece a breve da ottenere per il 2024, tra poco in pagamento, non è ancora stato speso”. Un grande motivo di rammarico per una realtà territoriale che avrebbe bisogno sì di risorse ma soprattutto di efficaci investimenti. 

Riceviamo e pubblichiamo

Si voterà domani in 42 Province italiane. In 35 per rinnovare il Consiglio provinciale. In 6 per Consiglio e Presidente. In una per il Presidente. Sarà un voto di secondo livello, ovvero voteranno gli Amministratori, Sindaci e Consiglieri comunali, dei Comuni che fanno parte delle Province. Ma non è questo il problema, secondo Uncem. La vera questione, che molti Sindaci continuano a condannare e pure noi, è che si tratta di un ‘voto ponderato’. Ovvero, il voto di un Consigliere di Cuneo vale 250, quello di Rittana 15. Stessa cosa per Macerata e Treia e via così.

Una situazione pazzesca, di piena sperequazione. Per ‘uscire’, essere eletti, i consiglieri candidati dei Comuni più piccoli, devono stringere patti con uno o più Consiglieri dei grandi centri. Buttarsi nelle loro braccia. Chiamiamole ‘alleanze’… Assurdo e dannoso per tutti. Anche per la democrazia. Ecco perché Uncem chiede una riforma. Ma non solo per dare qualche competenza in più e qualche soldino alle Province. Per mettere realmente ordine in un sistema istituzionale che ha bisogno di un vero cambio di paradigma.

La riscrittura del TUEL non sia fredda e timida. Riscriva le regole democratiche del Paese, chi fa che cosa negli Enti locali, come eliminiamo consorzi e agenzie troppo facili, come i Comuni stanno insieme, quali sono gli ambiti territoriali anche provinciali, lievitati da 70 a 110 in vent’anni, che hanno urgenza di un tagliando”.

Lo afferma Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem.

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