Fabio Caserta sì, Fabio Caserta no? Una domanda attualissima. Non fosse altro perché il vastissimo popolo giallorosso dei social non ha dubbi: al Catanzaro attuale manca il… manico. Che tradotto dal gergo calcistico significa: l’allenatore non è all’altezza. E poi giù aspre critiche (ingenerose) anche alla proprietà e soprattutto alla dirigenza. Che avrebbe portato il tecnico “più scarso in circolazione. Sfanculato persino a Cosenza”. Il quale viene al massimo difeso da quanti gli dicono: “Se vuoi salvare il posto, cambia modulo. Fai il 4-4-2!”. Null’altro da aggiungere, quindi, se si arriva al punto di suggerire lo… schema a uno che fa quello di mestiere, cioè proprio adattare un modulo tattico ai suoi giocatori. Ma la verità è finora una, banale e risaputa: il divorzio da Vincenzo Vivarini ha fatto malissimo a entrambe le parti della ‘coppia’.
In primis, per quanto ci riguarda, a un Catanzaro irriconoscibile e con un rendimento rispetto a un anno fa neppure lontano parente. Ma inutile pensare alle bollicine vivariane, se adesso al timone c’è un altro mister. Che, diciamolo francamente, non ha fin qui mai brillato. Ma a cui va almeno dato un altro po’ di tempo. E senza, lo ribadiamo, avere negli occhi il Catanzaro, dominante e scintillante, di “Viva”. Che, a breve, resterà con ogni probabilità un ricordo. Dolce e bello, quanto si vuole, ma pur sempre un ricordo. Perché è innanzitutto finito l’entusiasmo portato dall’avvincente campionato di C della stagione ‘22/’23 con una promozione dei record che aveva infuso una maxi-carica a tutto l’ambiente.
Nel frattempo invece progressivamente affievolitasi, anche perché si è capito come, senza stadio nuovo, la serie A per la società non sia nei piani. Ma nemmeno la retrocessione. Tranquilli, tifosi delle Aquile. Perché, secondo noi, non è un pericolo reale con un presidente come Floriano Noto. Non impeccabile solo in ambito politico, con scelte passate rivelatesi perdenti o comunque dal fiato corto, però indiscutibilmente vincente nelle vesti di imprenditore. Pure nel calcio, che dopo un breve periodo di apprendistato ha imparato a conoscere. Fino al punto di capire come la B con il Nicola Ceravolo sia il massimo che si possa avere, tralasciando Como, Empoli e Venezia. Che hanno sì stadi forse persino peggiori del nostro, ma in contesti socioeconomici totalmente differenti.