A Catanzaro da anni, anzi da ‘sempre’ perché alla politica questa diceria conviene da sempre, circola una favola. Quale? Presto detto! Quella dei poveri (di soldi e di sorte) lavoratori delle Partecipate del De Nobili, costantemente a rischio di perdere il posto, e quindi da aiutare, perché bistrattati. I quali invece, e al solito ce ne fottiamo di eventuali polemiche sollevate da chi è parte interessata, non sono di sicuro poveri (in virtù di stipendi più che dignitosi tranne forse per qualche appartenente alle categorie più basse o ai cosiddetti part-time, ma come in tutti i settori) né in alcuni casi neppure tanto lavoratori. Anzi. E sul punto ci spieghiamo meglio: in queste “Aziende” (in realtà strutture pubbliche a tutti gli effetti) sono in parecchi, raccomandati molto più o molto meglio di altri colleghi, a essere stati destinati all’espletamento di certe mansioni che possono battere la fiacca. Ma non è certo finita qui.
Partecipate, il… Vangelo di un vecchio politico catanzarese!
Nei nostri ormai quasi sbiaditi ricordi di vecchi cronisti della Gazzetta del Sud, a proposito di Partecipate ricordiamo bene le parole di un vecchio, esperto e ruspante (leggasi verace), pluri-consigliere comunale. Uno passato poi pure a ruoli più prestigiosi, che a ogni casino, in particolare in seno alla Catanzaro Servizi feudo di una certa parte politica con un capo assai noto, ci faceva sbellicare dalle risate nelle stanze del Comune con la seguente frase in perfetto slang locale: “Colaci’, tu dissi già nu saccu e voti: si lordoni su sempa chi si lamentanu. Guadagnanu decia voti chiù e tia e mentre tu si ca chi mi cerchi notizi ma scrivi, iddi passianu. Ma tu a capu l’hai tosta e a differenza loru on ti fai amici i politici boni. E allora chi voi? Continua ma scrivi, scri’. Ca scherzu: vidi nomma scrivi si cosi ca t’ammazzu (immancabile risatona, e talvolta caffè insieme, ndr)!”. Non pensiamo servano traduzioni e vi giuriamo che faceva tutto lui, mentre noi ridevamo fino alle lacrime. Ma in realtà non capivamo, essendo giovani, quanta amara verità ci fosse in quelle parole.
La farsa dei “poveri lavoratori” delle municipalizzate
Iniziamo con il precisare che i “poveri lavoratori” di cui sopra non hanno (mai) visto l’ombra di un concorso, o al massimo ne hanno fatto qualcuno pro forma, per sistemarsi a vita “sotto casa” grazie alla politica. Ma anche grazie ad altre istituzioni di potere quali Chiesa; massoneria e persino club service (una sorta di massoneria mascherata, cioè). E a riguardo ne conosciamo personalmente diversi. Ma questa è un’altra storia. Ricorrente in un ambiente piccolo come Catanzaro. Mentre la questione principale è quella di gente che in sostanza percepisce stipendi fissi e sicuri. Che è anche soggetta a progressioni migliorative di carriera e di relativo emolumento, in alcuni casi di molto superiori alle mille €, se non 2mila, per 13 mensilità. Senza dover viaggiare, fare orari impossibili o grandi sacrifici, pur non disponendo di chissà quali competenze. Anzi! Ma in caso di licenziamento, Dio non voglia, per fallimento della loro Municipalizzata, tali poveri lavoratori finirebbero in mezzo a una strada? Questa è un’altra tipica ca@@ata messa in giro ad arte dalla politica, un po’ come la gratuità per i catanzaresi dell’Mgff che invece costa agli stessi cittadini ben 60mila € più annessi e connessi all’anno.
Dipendenti Partecipati sinonimo di dipendenti pubblici, se fallisce la loro azienda vanno assorbiti dal pubblico non finiscono alla Caritas
Poveri lavoratori che però il posto non lo perdono. Mai! Motivo? Intanto è difficilissimo che una Partecipata fallisca. Ma anche ammesso accada, i suoi lavoratori sarebbero a tutti gli effetti (lo ribadiamo) da considerarsi dipendenti pubblici. Tranne per chi non avesse un contratto a tempo indeterminato o lo avesse con una ditta privata concessionaria di un certo servizio, dunque solo parzialmente gestito dalla Partecipata di riferimento. E perché allora la politica si traccia così le vesti per tutelare queste persone che sono cento volte più privilegiate di tante altre? Semplice, lo abbiamo detto prima: sono un prezioso bacino elettorale. Soggetti che devono votare per Tizio o Caio o sono nella manica di qualche influente religioso o più d’uno; di qualche “maestro” o “president” o “past president”. Ergo, bisogna proteggerli e renderli vittime di un sistema “cinico e baro” di cui in verità sono stati, sono e saranno, fedeli servitori. Ma vogliamo terminare il nostro ragionamento generale con un esempio concreto. Tanto per rendere l’idea.
In base al numero dei lavoratori impiegati, esaminiamo un po’ la clamorosa situazione di una delle Partecipate più piccole del De Nobili: la Fondazione Politeama
Quello del Mario Foglietti è un caso emblematico di quanto da noi ‘crudamente’ fin qui illustrato. Sì, perché il… nobile teatro cittadino gestito dalla Fondazione Politeama e quindi dal Comune, per cui qualche settimana fa quasi ci si commuoveva di fronte ai soliti “poveri lavoratori” asseritamente da porre in cassa integrazione per mancanza di fondi, ha un gruppo dirigenziale che manco alla General Motors lo si trova.
Ebbene allora, concentriamoci su questi ultimi e sorvoliamo invece sui poveri lavoratori (uno per uno) e su chi li ha fatti entrare lì come ovvio senza neppure un test selettivo da prima media. Perché l’interrogativo principale è un altro: come ha potuto il sindaco del “cambiavento, cambiamento, campa cavallo che l’erba cresce”, al secolo Nicola Fiorita, non ritoccare, non certo nelle figure attualmente sotto contratto come ovvio bensì nel numero delle future postazioni, un management che il Teatro Alla Scala, il San Carlo, La Fenice e il Petruzzelli, forse se li sognano. D’accordo, Nick ha ereditato tutto ciò dal Sergìun (Sergio Abramo).
Ma Fiorita si è dimostrato ancora una volta, semmai ormai ce ne fosse bisogno, un fintone e un falsone che la metà basta. Persino sul Foglietti, oltreché sull’Mgff con certe vicende intrecciate per varie ragioni e interessi come si sa. Il sindaco, infatti, si è ancora una volta mostrato pronto a farsi concavo e convesso con chiunque, pur di mantenere il potere. Uno, dunque, che tra “vizi privati e pubbliche virtù” mentre annuncia tagli e… diete ‘sanguinose’ con minaccia di fantomatiche casse integrazioni forse per spillare soldi alla Regione, in realtà progetta conferme e ampliamenti di incarichi e prebende.
Lo squadrone di un Foglietti dato in chiusura. Una delle tante tragicomiche barzellette della Città del Peccato
Vediamolo lo squadrone, interamente composto da professionisti esterni inamovibili da anni e con stipendi d’oro in rapporto a quanto fanno o hanno fatto soprattutto dal 2022 a oggi, che governa il teatro cittadino. Quello, lo ribadiamo fino alla noia, dei “poveri lavoratori” addirittura asseritamente a rischio di finire in cassa integrazione per carenza di fondi. Iniziamo dal sovrintendente, che non avendo nella fattispecie il titolo di studio per assumere certe funzioni, dev’essere affiancato e in alcuni casi surrogato da un direttore generale (solo che un tempo a fare questo in modo gratuito era un dirigente comunale abilitato tipo Lino Costantino). Sovrintendente (che potrebbe dunque essere uno con una “laurea vera” tipo Giurisprudenza o Economia) e dg entrambi esterni invece. E senza una reale necessità. Roba che provate a vedere se c’è negli altri teatri da noi citati poc’anzi. Ma fosse tutto qui, saremmo quasi… alle bazzecole, malgrado le cifre che già occorrono per le due figure appena citate siano considerevoli. Ma proseguiamo lo… show.
Tutto il resto. Non si bada a spese
Ai due dirigenti si affiancano altrettanti, non uno ma due quindi, direttori di Area Artistica. Forse solo all’Opera House di Sydney li troviamo. Finita qui? Neanche per sogno. C’è direttore tecnico. Perché uno in Comune dello stesso Ufficio pare non ci sia. Sebbene attenzione: parliamo di un geometra qualunque, con tutto il rispetto per il mestiere e per chi svolge quel compito, non certo di Santiago Calatrava o Amalia Ercoli Finzi. Ci sono poi, infine, ben tre revisori dei conti. E anche qui, a Palazzo De Nobili, sembravano esserne a corto.
Quando il Foglietti era di… Mario, prima che morisse e gli ‘lasciaase’ il suo nome, e anche un po’ di Marcello Furriolo
C’è infine la… faccenduola, incidentale diciamo, della visibilità che un tale Marcello Furriolo da dg, nel bene o nel male, aveva portato, collocando spesso su Raiuno e anche altrove talune produzioni del Foglietti con una certa regolarità. Altro che certi imbonitori che pensano solo alle loro casse. E a chiudere con un dolce ricordo proprio lui: il Mario Foglietti, a cui è com’è premesso stato intitolato il teatro, che fu city-manager e come ovvio anche apprezzato sovrintendente, purtroppo scomparso nel novembre 2016 dopo aver peraltro fatto una carriera giornalistica top level. Niente paragoni, dunque, con gente che senza il cellulare o un addetto stampa avrebbe difficoltà a scrivere persino un biglietto d’auguri. E rispetto a cui, almeno noi, mai abbiamo capito l’esatta qualifica professionale. Ma nella Città del Peccato, dove il sindaco fino a un paio di settimane fa doveva quasi chiudere il Politeama o mandarne i dipendenti in cassa integrazione, così è se vi pare… con buona pace di Bolshoi; Metropolitan Opera House; Royal Opera House e Teatro dell’Opera di Vienna, solo per citare i più famosi.