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Il rinvio di Mantova-Catanzaro valevole per la 34. giornata di serie B in conseguenza della morte di Papa Francesco, al pari di tutte le altre partite dei maggiori campionati, ha sollevato un vespaio di polemiche social. Perché, a giudizio di diverse persone, ha danneggiato i tifosi già arrivati nelle città in cui si sarebbero dovute disputare le partite, costretti a fare dietrofront in pratica alle 11. Noi siamo, e restiamo, del parere che è stato sacrosanto fermare tutto. 

E il motivo è semplice. Il calcio, al netto della sua importanza e del ruolo di primo piano che riveste nel… sentimento popolare, è un gioco. Neppure uno sport in senso stretto. E anche se muove centinaia di milioni di euro (se non miliardi) all’anno, tra introiti diretti e indiretti, non deve essere prioritario su certi aspetti. Senza contare che nessuno obbliga qualcuno ad andare in trasferta e, pur rifuggendo da ogni forma di retorica, quando sentiamo parlare di… sacrifici (economici o logistici) per seguire la propria squadra del cuore ci viene l’orticaria. 

Perché compiacere una persona per una passione, ci suscita solo il vecchio proverbio catanzarese “dove c’è gusto non c’è perdenza”. Ma il tema resta e noi rispettiamo il parere di tutti, come ovvio. 

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