Riceviamo e pubblichiamo
Se qualcuno pensava che l’esito del referendum sulla città unica avesse definitivamente messo in soffitta l’idea dell’ospedale fuori dai confini cittadini si sbagliava.
Spregiudicati politici e cattedratici, sempre in prima pagina, sono ripiombati sul progetto mai sopito di realizzare ad Arcavacata (ma sarebbe meglio dire Montalto) il nuovo Ospedale della città di Cosenza, ammantandolo con l’etichetta di Policlinico universitario.
Come si può costruire una facoltà di medicina senza Policlinico? Il gioco era chiaro sin da subito: trasformare in Policlinico universitario un ospedale di città, da anni finanziato e che aspetta la sua ora da oltre 90 anni.
Era tutto chiaro sin dagli schieramenti a favore della fusione di Cosenza con Rende e Castrolibero: la via più diretta è dirottare in area universitaria un’opera riservata alla cura dei cittadini. Passano in secondo piano i gravissimi problemi della salute degli abitanti del capoluogo e di tutto il comprensorio che attorno a esso gravita.
Al governatore e al rettore interessa altro. Nel pieno di un fallimento totale del sistema sanitario calabrese, invece di porre finalmente inizio a un’opera non più rinviabile, ciò che conta è creare fuori dalla città un complesso ex novo al sevizio più che della popolazione di uno “sviluppo” del corso di Medicina che sarà foriero di tanti altri vantaggi: appalti per la realizzazione, assunzione di docenti luminari o presunti tali, di medici e personale infermieristico, appalti per i servizi e via discorrendo.
Ma ai cittadini di Cosenza, Rende e Castrolibero questa Grande Bouffe non va giù, se non altro per non far perdere quel diritto alla salute che i cittadini dovrebbero vedersi riconosciuto come acquisito.
In barba alle delibere, ai finanziamenti dell’INAIL, ai decreti ministeriali e a quant’altro, oggi la scusa accampata è quella di inidoneità del sito di Vaglio Lise sul quale dovrebbe sorgere il nuovo ospedale, indentificato come zona P3, ovvero ad alto rischio idrogeologico.
E la lapidaria conclusione viene dalla stessa società che appena pochi anni fa aveva redatto lo studio di fattibilità che affermava che l’area era la migliore fra quelle possibili.
Tale catalogazione non è affatto definitiva ed è semmai necessario studiare al più presto quali sono le contromisure per rendere minimo il rischio dell’intera area che ruota attorno alla mai utilizzata stazione ferroviaria e ai tanti servizi già oggi lì insediati.
E allora giù risibili appelli di misconosciuti personaggi in cerca di autore per realizzare senza indugio alcuno, fuori dalla città, il “nostro” ospedale. E quindi rinvenire fondi, studi di fattibilità, aree idonee per uno scopo meno nobile di quello che dovrebbe spingere chi governa.
Fortunatamente, a questo gioco a perdere non partecipa il comune capoluogo che, con fermezza e coraggio, si oppone a che uno scippo di siffatta natura venga ancora una volta perpetrato ai danni della collettività.
Il sindaco Caruso dice in soldoni: vogliamo fare anche il Policlinico universitario a Rende o a Montalto? Facciamolo pure, non potrà che far bene a noi tutti, ma noi vogliamo il nostro ospedale.
In questa querelle, che non trova da nessuna parte la parola fine, a piangere sono, come sempre, i cosentini e tutti i cittadini della vasta area urbana, costretti a servirsi di un ospedale ormai al collasso che dei 700 posti dei quali dovrebbe disporre ne ha solo 400 e, tra questi, anche quelli per i “solventi” (sic!).
Intanto i medici litigano e i cosentini muoiono.
E allora che fare? Intanto, si dovrebbe chiedere al governatore, che è di Cosenza ma sembra di Bolzano, di spendere qualche soldo per l’Annunziata, almeno per consentire – fino a che non sarà chiusa la querelle e non sarà finalmente pronto il nuovo ospedale, ovvero tra almeno dieci anni – ai tanti che si rivolgono alla sanità pubblica di godere di un servizio sanitario degno di questo nome.
È chiedere troppo? Sicuramente no. Così come non è troppo chiedere ai nostri concittadini di ricordare nelle urne questi “patrioti” sempre disponibili per la propria terra.
Il Comitato No Fusione di Cosenza-Rende-Castrolibero