Kevin Costner con Nicola FioritaKevin Costner con Nicola Fiorita

A bocce ferme, dopo qualche giorno cioè, torniamo sulla notizia (ormai vecchia) Mgff “via dai Tre Colli”. Un addio dopo una decina d’anni su cui facciamo le nostre considerazioni. E la prima vi stupirà, cari lettori. Perché, pur non andando in difesa del suo patron (per noi come già scritto l’Innominato manzoniano o il Nessuno omerico di cui ci siamo, da ultimo, occupati anche qui: irriverentemente.com/?p=11614), una cosa questa vicenda la dice. Anzi, la rappresenta. Vale a dire che è l’emblema di un Paese, l’Italia, e ancor più una regione, la Calabria, e una città, Catanzaro, tecnicamente… falliti. Motivo? La kermesse, che costava tantissimo al territorio restituendogli poco o niente, era comunque in una botte di ferro fin quando il suo ideatore vantava rapporti idilliaci con quanti avevano in mano le leve del potere locale: la vecchia nomenclatura aielliana e soprattutto Sergio Abramo. Intendiamoci, lo scaltro patron, da Roma a Catanzaro, è legato a tutto l’arco costituzionale. Ma è chiaro che non con tutti possa avere una relazione a prova di bomba. Ed allora la domanda chiave è questa: si tratta di uno spettacolo fruttuoso solo per le tasche di chi l’organizza e di pochissimi aventi causa, quindi indebitamente sponsorizzato e foraggiato dalla politica prima, o di un evento di valore mollato da una politica che mortifica il merito poi?

La domanda precedente non tragga in inganno: noi siamo contro l’Mgff per “fatto personale”, ma anche per ragioni oggettive. Che tutte le bugie dette negli anni per rendere… accettabile il fiume di denaro pubblico concessogli non possono annullare

Se il conto, ‘spannometrico’ per la verità, fatto sui social da Piero Mascitti, noto esperto d’arte e uomo di cultura catanzarese (peraltro ex esponente di primo piano della Fondazione Mimmo Rotella, dove ‘immancabile’ si è poi infilato il solito patron), l’Mgff (e qualche manifestazione collegata) è un’autentica macchina da soldi da milioni di euro all’anno. La kermesse infatti, da qualche anno sdoppiatasi con una… toccata e fuga nelle scuole, tra dimensione nazionale e regionale oltreché perfino comunale (a Catanzaro), con un obolo da oltre 60mila prelevato dal Fondo di Riserva, solo in termini di soldi pubblici (ovvero finanziamenti ricavati dalle tasse dei contribuenti) percepirebbe quasi un milione di euro all’anno.

A cui si aggiunge una cifra imprecisata, che però attiene come ovvio alla contrattazione privata, derivante dalla cosiddetta pubblicità. Sponsor che tuttavia costano zero ai cittadini e su cui quindi nulla abbiamo da sindacare. In merito va tuttavia detto che una delle panzane rifilate per tentare di rendere l’Mgff gradito al 99% dei calabresi e dei catanzaresi costretti a pagarlo con i loro tributi, mentre gli è indigesto, è: migliora l’immagine del territorio. Bene, sul punto, sfidiamo chiunque a confezionare un sondaggio telefonico fuori regione in cui si chiede: A) Cos’è l’Mgff? B) Dove si tiene?

Si capirebbe così che non migliora alcunché. Perché, eccetto che per qualche passaggio televisivo o spazietto sulla stampa (cartacea o online) con servizi Tv e articoli… autoprodotti, 5 minuti dopo averli visti o letti chi si ricorda di Catanzaro?. Seconda balla: porta un sacco di soldi al territorio. Ma noi per anni abbiamo invano chiesto ai diretti interessati di fornirci dati sull’aumento “esponenziale” di prenotazioni in alberghi e ristoranti (strutture ricettive in genere) nel periodo del Festival. Ma mai alcuno ha fornito uno straccio di documento a riguardo. Si sa però, che la quasi totalità degli spettatori della kermesse sono catanzaresi. Che dunque non prenotano certo hotel o cene fuori per guardare due ore di film. E, anzi, essendo spesso invitati per fare lo struscio in una delle città più provinciali d’Italia, si aspettano di ricevere gratis anche il gelatino dato dal carretto del bar presente alla rassegna per pubblicità.

Bugie finite qui? Ma manco per sogno!

Un’altra bugia, una delle tante sulla rassegna, è relativa al fatto che i fondi pubblici dati all’Mgff siano vincolati. Vale a dire destinati solo a eventi del genere. Considerazione solo parzialmente vera. I quattrini comunali, ad esempio, sono stati sempre prelevati dal Fondo di Riserva e quindi sottratti ad altro, anche alle mense scolastiche. Ed ancora: l’Mgff porta lavoro alla gente. Ennesima sciocchezza: pressoché tutti i collaboratori sono infatti pagati con… briciole, se non si tratta addirittura di volontari, senza contratti e con la possibilità per chi gli dà eventualmente qualche soldino di scaricare le fatture dei medesimi rimborsi spese riconosciuti. Altro che stipendi, Anche solo stagionali, quindi.

Noi stessi, e qui sta il “fatto personale”, ci siamo ritrovati con ben mille euro sottratti dalla cifra complessiva pattuita e qualcosa come appena 2.500€ totali (circa 100€ al mese), più la gratuità di viaggi e pernottamenti con pasti per i luoghi raggiunti (e ci mancherebbe altro), in ben due anni di collaborazione. Oltreché senza che vi fosse alcuna contrattualizzazione, se non le ritenute d’acconto, con una dichiarazione all’Inpgi (la cassa dei giornalisti) di “pagato” a noi  dalla parte… datoriale di oltre 5mila €. Da noi mai visti. E su cui non poteva essere stata applicata ulteriore tassazione per la parte datoriale, dal momento che la si chiedeva a noi costretti a pagare quasi 500€ per il rilascio del Durf in ragione del cumulo dei redditi percepiti a quel tempo.

Ma come dimostrabile attraverso gli estratti conto bancari dei periodi di riferimento, 2017 e 2018, ribadiamo che noi 5mila € con l’Mgff mai li abbiamo guadagnati. Inutile però parlare di questo. Perché è arcinoto come l’avidità sia una terribile e incurabile malattia. Che spinge i tanti che sono affetti da tale “morbo” a trovare ossessivamente ogni scusa (persino la più improbabile e puerile) per non pagare mentre qualunque appiglio (e favore) al contrario per incassare.

Gli errori di… tracotanza del patron

Se il patron fosse come noi un amante delle buone letture e degli approfondimenti storici, ma lui ha altre doti come ad esempio quella di far quattrini (beato e bravo lui, poveri e cazzoni noi), saremmo portati a pensare che il comunicato stampa sull’addio a Catanzaro dell’Mgff sia stato nientemeno mutuato che da una tecnica di comunicazione dei migliori servizi segreti del mondo. Tecnica detta dello… scarico emotivo e dell’effetto suscitato nell’opinione pubblica. Sperimentata, tanto per dire, con la falsa notizia dell’uccisione del presidente Aldo Moro e dell’occultamento del suo corpo nel Lago della Duchessa. Ma di che parliamo? Semplice: far trapelare una cosa in realtà non avvenuta, o non ancora almeno, ma spacciata come invece fosse già accaduta, per testare la reazione della gente e scaricarne preventivamente l’onda emozionale se in futuro dovesse effettivamente verificarsi.

Torniamo però subito al tenore assai diverso, per fortuna, di ciò di cui parliamo: l’addio dell’Mgff ai Tre Colli. Su cui va detto che secondo noi il patron, indispettito dall’essere stato ignominiosamente sfanculato dalla sovrintendenza del Mario Foglietti a vantaggio di Antonietta “Tonia” Santacroce, ha deciso di fare la più sciocca delle… ripicche. E lo ha fatto pur sapendo che una Santacroce consorte del più potente tycoon della città, e presidente dell’amatissima Uesse 1929(Floriano Noto, of couse) sarebbe stata assai più funzionale ai progetti futuri del sindaco Nicola Fiorita rispetto a chi la precedeva al vertice del Teatro. Che tuttavia chissà da quanto covasse, peraltro dopo un anno e mezzo di assenza da tutte le occasioni più importanti del Foglietti (sempre surrogato dal dg Aldo Costa) sebbene fosse ancora formalmente in carica, questa… vendetta. Ecco allora che ne è scaturita una sorta di auto-evirazione per dispetto della moglie come se Fiorita, che oltretutto voleva farlo saltare appena insediatosi quale sindaco non solo in ottica Santacroce, sia ora dispiaciuto per il trasloco dell’Mgff.

Mentre è una notizia per cui, invece, deve aver probabilmente festeggiato con i suoi: Alberto Carpino e soci, su tutti. Tant’è vero che, ribadiamo, avrebbe voluto cacciarlo lui (Fiorita cioè), ma se n’è guardato bene fin quando non ha capito che la destra (pur vicinissima al patron) gli avrebbe garantito i voti necessari in Consiglio per farlo restare fin quando non si potrà candidare a sindaco Filippo Mancuso. Senza contare come Fiorita abbia tra l’altro riscontrato che alla gente, nel 90% dei casi, non è fregato un emerito ca@@o della faccenda. Anzi, si è sentita persino liberata da un carrozzone che, per una settimana abbondante all’anno con i soliti noti tra il pubblico, a eccezione dei 2 weekend di svolgimento gli costava un… abisso in termini di quattrini comunali. Oltre all’impiego e concessione di vigili urbani, luci ‘straordinarie’, permessi vari e così via.

Non escludiamo il… ritorno!

Fatta la sparata, il patron che se non è fesso (e non lo è, soprattutto come premesso quando ci sono i soldi di mezzo) deve avere già il Piano B e persino quello C pronti dopo aver annunciato di aver lasciato la città dei Tre Colli. Perché, conoscendolo molto bene, neppure riusciamo a pensare che sia rimasto… sguarnito. Malgrado ciò, non ne escludiamo il ritorno. A Catanzaro. Anzi, lo diamo per certo. Perché sarà… imbunnatissimo (non troviamo altro termine, se non uno tipico catanzarese, per dire quanto stia rosicando) nell’aver assistito non solo alla mancata sollevazione popolare in suo favore quanto al contrario addirittura alla contentezza generale. Che hai voglia a battezzare come invidia sociale.  Oltretutto priva di senso, considerato come ormai tutti sappiano che è un signore milionario e a posto per le prossime tre generazioni future grazie ai rapporti creati con i potenti di turno (la sua vera professione, senza cui in Italia puoi avere pure 10 lauree ma non vai da alcuna parte) e all’altissima redditività del Festival. Ecco allora che, se non nel 2025 (pur non escludendolo ancora al 100%), non appena tornerà al vertice nel capoluogo qualcuno dei suoi tanti referenti politici, tornerà pure lui con l’identica faccia di bronzo di sempre. Altro che addio, dunque, al massimo solo un arrivederci!

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