Riceviamo e pubblichiamo
“Leggo, di riflesso, le parole accorate, anzi l’appello forte, di don Rocco Predoti che vorrei conoscere presto di persona.
Sono padre di figli adolescenti o poco più, e come padre sbaglio e ho paura.
Il tema del disagio giovanile è roba da specialisti ma appartiene a tutti, se vogliamo costruire una società migliore di quella ricevuta.
Il tema del disagio giovanile è complesso e non ha confini, dal lungomare di Catanzaro Marina a corso Cavour di Torino cambia poco.
Ognuno è figlio del suo tempo e il tempo di oggi non è un buon tempo.
Credo lo si percepisca senza essere esperti o genitori.
Ogni ragazzo ha bisogno di ascolto ed ha bisogno di essere parlato. Proprio come diceva Alvaro dei calabresi.
È una chiamata alle armi, una richiesta di aiuto per interposta persona, allora, quella fatta dal religioso e ripresa con acume, e se vogliamo, con dolore dal mio amico Giuseppe.
Nessuno può e deve sottrarsi.
La politica e la società civile. La scuola e la chiesa.
La Catanzaro degli ultimi tempi mi piace molto poco.
La vedo sempre più divisa fra sprazzi frequenti di autoreferenzialità dell’ordinario e il suo contraltare oppositivo.
I problemi sono tanti, alcuni rischiano di incancrenirsi ma senza un gesto di generosità da parte di tutti non se esce.
Si scappa. Sì, proprio così.
Se ho letto bene, i dati ISTAT parlano di una perdita di dieci mila abitanti circa negli ultimi anni nella nostra città.
Catanzaro è la città dove sono nati i miei figli.
Le vorrò bene a prescindere da chi dice ‘a’ e chi dice ‘z’ , da chi la vede bella e da chi la vede stretta, da chi è il sindaco e chi è l’ultimo – posto che possa essercene uno – degli elettori.
Vorrei non aver letto il racconto di don Rocco.
Vorrei essere distratto e non averne capito il senso.
E vorrei, se vero, che fosse già memoria.
Il lungomare di Catanzaro è bellissimo.
Al suo limitare, ci sarà sempre la giostrina dove tutti abbiamo imparato a sognare”.